lunedì 13 marzo 2017

«Teologia della liberazione» anno 1971

P. Paolo M. Siano

«Teologia della liberazione» anno 1971


           Quattro anni fa (2013) lessi in un articolo on-line: «Tra Vaticano e Teologia della Liberazione scoppia la pace. Dopo le condanne degli anni Ottanta, gli eccessi e le incomprensioni, la TDL ottiene piena cittadinanza nella Chiesa»[1].
            La notizia mi lasciò un po’ perplesso ma non ci badai troppo, preso com’ero da altre priorità.  Poi, uno o due anni dopo, mi capita tra le mani il libro «Teologia della liberazione. Prospettive», Queriniana, Brescia 1972, ossia la versione italiana di «Teologia de la liberacion. Perspectivas» (1971), il cui autore, P. Gustavo Gutierrez OP (vivente), è uno dei padri fondatori di quella “teologia”. Leggendolo mi sono convinto che le radici di quella Teologia della Liberazione (TdL) anno 1971, quella “delle origini” per intenderci, attingono non solo o non tanto da un certo filo-marxismo, quanto piuttosto da quella che oso definire GNOSI NEO-MODERNISTA. In queste poche righe espongo in modo schematico e sintetico quelli che ritengo gli elementi fondamentali di «Teologia della liberazione» anno 1971 (neretto mio), che citerò con la sigla TdL-1971. Non so se P. Gutierrez sostenga tuttora i punti che vengo a esporre. Mi interessa  piuttosto porre in rilievo che ancora oggi, a distanza di circa 40 anni, certi ambienti ecclesiali e teologici (non necessariamente della TdL) sembrano proprio ispirarsi a quei punti. Eccoli.    
 1)  Pregi incerti e apparenti.
È lodevole lo zelo dell’Autore e di tanti altri cristiani per la «liberazione» dell’America Latina dallo stato oggettivo di oppressione e sfruttamento, il loro anelito alla solidarietà con gli oppressi (p. 6). Nel libro si parla di: Gesù, redenzione, Vangelo, Regno di Dio, escatologia... Purtroppo queste bellissime parole sono inserite nel quadro di un’ermeneutica problematica, animata da princìpi e pregiudizi ideologici in antitesi con la sana metafisica, con il Dogma della Fede, con l’autentica Teologica cattolica e con la vita della Chiesa.
2) Maestri per la TdL-1971
Sono autori in distonia con la sana filosofia metafisica e con la teologia cattolica: Cartesio, Kant, Hegel, Marx, De Lubac («Surnaturel», 1947), Karl Rahner, Schillebeckx, Cox, Metz, il guerrigliero spretato P. Camillo Torres... (pp. 23-25, 36-37, 78-79, 256, 262).
3) Rottura col passato. Progressismo & “new age
Secondo la TdL-1971: «Diventa necessaria una revisione radicale di quello che è stata e che è attualmente la chiesa» (p. 248). La Chiesa deve uscire da un’ottica costantiniana ed «ecclesiocentrica», non deve ripiegarsi su stessa ritenendosi «il luogo esclusivo della salvezza» e «l’unica depositaria della verità religiosa»... Occorre una «rottura» da tale mentalità del passato preconciliare (pp. 252-256). Occorre «fiducia nel futuro»; l’uomo di oggi deve guardare a «l’uomo di domani»... Si sta entrando in «una nuova era»; si è in attesa di una «epifania dell’uomo» (p. 209)... La teologia dev’essere «teologia del futuro» per costruire un mondo migliore (pp. 24-25)... La TdL-1971 vuole «la creazione di un uomo nuovo» (pp. 144, 185, 210), uomini nuovi «all’altezza del nuovo mondo» che verrà (p. 145). Ma è necessaria «una rottura con le nostre categorie mentali» (p. 204), «una nuova coscienza ecclesiale» (p. 251), per liberarsi del tutto dalla «mentalità tradizionale», dall’«esclusivismo» dell’«Extra Ecclesia nulla salus» (pp. 59-61) e dal «narcisismo ecclesiastico» che cerca ancora condizioni favorevoli all’azione della Chiesa nel mondo (p. 62)...
4)  Teologia liquefatta tra criticismo, gnosi e immanenza
Accogliendo la “filosofia trascendentale” di Karl Rahner, la teologia è concepita (anche da TdL-1971) come una sistematica e permanente riflessione critica su se stessa, sui propri fondamenti, sulla Chiesa, sulla società (pp. 20-21). La teologia, per la TdL-1971, dev’essere finalizzata alla liberazione sociale, alla liberazione della Chiesa e dell’uomo dal «feticismo» dottrinale e dal «narcisismo» (p. 22), poiché (sempre secondo TdL-1971) una teologia legata a verità definite per sempre, diventa sterile (pp. 22-23)... Un Gesù ieratico, sacrale, teologico, trascendente, non è umano, non è storico, non è reale (p. 227)...
5)    Irreversibilità e positività della secolarizzazione e dell’apertura al mondo
La Chiesa deve prendere «coscienza del mondo» e nel mondo (pp. 258-260). «La chiesa è del mondo; in un certo senso, la chiesa è il mondo» (pp. 78-79). L’apertura al mondo è irreversibile (p. 273). Per rinnovarsi la Chiesa deve «convertirsi a questo mondo» (p. 258). Il primato spetta all’azione, all’esistenza cristiana, non alla dottrina o all’ortodossia... La Chiesa si è preoccupata per secoli «di formulare delle verità» invece di costruire «un mondo migliore»... La pastorale della chiesa non si deduce dalla dottrina o dalla teologia (p. 21)... La secolarizzazione antropocentrica (distacco dalla tutela religiosa e metafisica) è processo irreversibile che «favorisce una maggiore pienezza cristiana» (pp. 71-72) e «se prima si aveva la tendenza a vedere il mondo partendo dalla chiesa, oggi si nota quasi il fenomeno inverso: la chiesa è vista partendo dal mondo» (p. 72).
6)    «Antropocentrismo» & Gnosi
La teologia dipende dal divenire storico della Chiesa. La TdL-1971 si fonda sulla “svolta antropologica” di Karl Rahner (pp. 11.15-16) secondo cui ogni uomo, è già tempio di Dio, è già in grazia di Dio, dunque non esiste più l’uomo profano (pp. 189-191), e ogni  uomo è già salvo. Ogni uomo.  Nell’ottica rahneriana e della TdL-1971 cade «la distinzione dei piani»: Chiesa e mondo, chierico e laico, sacro e profano, naturale e soprannaturale... La distinzione, oggi, è ritenuta rigida, superata, priva di dinamismo... Così i confini tra i due termini «diventano più fluidi», per cui il soprannaturale e naturale si identificano, l’uno diviene l’altro... La grazia (soprannaturale) è già in ogni uomo, ogni uomo è già «segnato dalla grazia». Ecco allora il «cristianesimo anonimo»! Non ha più senso parlare di ‘fine soprannaturale’, ‘vocazione soprannaturale’. L’impegno (naturale) di liberazione socio-politica assume de facto valore (soprannaturale) salvifico, escatologico (pp. 63-80)... «Se l’umanità, se ogni uomo, è tempio vivo di Dio, allora incontriamo Dio nell’incontro con gli uomini, nell’impegno col divenire storico dell’umanità» (p. 191).
7) Peccato = ingiustizia sociale e povertà
Gutierrez sembra ridurre il «peccato» a «fatto sociale», a sfruttamento politico, economico e sociale dell’uomo e dei popoli. Combattere il peccato vuol dire lottare contro questo sfruttamento, realizzare «una liberazione politica» (pp. 180-181). I peccati individuali, anche se gravi, sembrano non avere alcuna importanza per la TdL-1971.
Gutierrez osserva che nella Chiesa si assiste a una più radicale testimonianza di povertà, specie in ambienti religiosi di nuova fondazione (p. 281). Eppure, secondo lui, vedere la povertà come un ideale positivo ed evangelico contraddice lo sforzo di eliminare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo... Secondo Gutierrez, la Bibbia condanna la povertà materiale (pp. 281-283)... Espressioni come “chiesa dei poveri”, usata da San Giovanni XXIII, hanno sapore paternalistico (p. 285)... Secondo Gutierrez la povertà cristiana deve consistere nella solidarietà coi poveri per lottare con essi contro la povertà, la miseria, l’ingiustizia (pp. 296-297). La conversione, nella spiritualità TdL-1971, è convertirsi all’uomo oppresso (p. 204).
8) Escatologia immanente
Nonostante le buone intenzioni conclamate dall’Autore, l’escatologia sembra de facto ridotta all’immanente, all’impegno di liberazione socio-politica. Sembra che i Novissimi non abbiano più senso né incidenza negli schemi della TdL-1971 (pp. 150, 170, 211-220). «Appare chiaro, oggi, che la finalità della chiesa non è di salvare nel senso di “assicurare il cielo”» (p. 251).
Una riflessione.
Concludo queste brevi note con una riflessione personale, ma credo condivisa anche da altri.
Gli ecclesiastici, i religiosi e i laici che in questi lunghi decenni hanno assimilato ben bene i princìpi TdL-1971 sopraesposti (tutti o in parte), non possono non augurarsi che noi Francescani dell’Immacolata (FI) di P. Manelli, Frati e Suore, agli antìpodi da una tale TdL (es.: in fatto di dogmatica, liturgia, marianità, spiritualità, vita consacrata, povertà comunitaria, apostolato...), veniamo “ri-formati”, ossia deformati (anzitutto nella forma mentis e nel nostro essere e agire come FI) e, de facto, progressivamente annientati.
L’Immacolata, novella Ester, protegga i Suoi figli devoti!




P. Paolo M. Siano

lunedì 6 marzo 2017

Satanismo & “massoneria nera” in Italia ?


Esattamente vent’anni fa, sul quotidiano «Il Messaggero», un paio di articoli («Sesso, droga, violenze. Nel cuore di Roma», mercoledì 19 febbraio 1997, p. 31; e «“Così Satana mi rubò l’anima”», 20 febbraio 1997) rivela l’esistenza di un gruppo satanista operante da circa un ventennio intorno alla zona di San Giovanni in Laterano (Roma).  Il primo articolo offre maggiori informazioni. Una donna, A.T., racconta che dal 1987 il marito E.I. è stato invischiato in quella setta satanica dedita a orge, ipnotismo, pedofilia, droga, ricatti, reclutamenti. Dal 1990 E.I. non parla d’altro che della «setta gnostica» che frequenta.  
A.T. finge di assecondare il marito e riesce a procurarsi i nomi dei 32 membri, tra cui «ci sono avvocati, prostitute di alto bordo, professionisti, artigiani, sparsi tra il centro storico e i quartieri residenziali» di Roma.
A.T. spedisce un memoriale e documenti alla Procura di Roma, un memoriale anche al GRIS di Bologna. La donna contatta anche qualche strano sacerdote e fa perdere le sue tracce. Per telefono A.T. sostiene tra l’altro: «Dietro questa setta ci sono alcune frange della massoneria, ci sono uomini potenti, complicità innominabili» (p. 31). A.T. è sfuggente; le sue dichiarazioni vanno ben accertate dato che la verità giudiziaria esige solidi riscontri; data la materia insidiosa, le indagini sono ovviamente difficili. Sembra che la denuncia di A.T. non abbia avuto un gran seguito e così il “caso Laterano” è finito forse già prima di cominciare.

Molto più interessante appare invece il libro-inchiesta della giornalista Elena Testi,  collaboratrice del Corriere dell'Umbria: «Il Satanismo in Umbria. La trama nera e il mostro di Foligno», Intermedia Edizioni, Orvieto 2012. L’autrice ha anche contattato vari satanisti.
Nel libro si parla, tra l’altro, della morte di Cecilia Gatto Trocchi (1939-2005), studiosa anti-sette, anti-satanista e anti-massonica, docente di Antropologia culturale alle Università di Chieti, Roma e Perugia. Secondo la versione ufficiale, la studiosa si è tolta la vita gettandosi l’11 luglio dal 5° piano (lei che abitava al 1°) poiché depressa dalla morte del figlio Massimiliano, dapprima sfuggito a un pesante incidente d'auto, e poi deceduto nel giugno 2003 per leucemia. Seguace del metodo dell’ “osservazione partecipante”, la prof. Gatto Trocchi si era affiliata a decine di sette magico-esoteriche (per poi smascherarle) e aveva ricevuto anche minacce di morte con telefonate, gatti neri morti e bamboline voodoo rinvenuti in giardino... (cf. Massimo Lugli, «Suicida l’antropologa Gatto Trocchi», in «Repubblica», 13 luglio 2005).

La giornalista Testi scrive nel suo libro:

«C'è però qualcosa che non convince, una vicenda che ha dell'irreale. All'interno del mondo settario si vocifera che la Gatto Trocchi in realtà sia stata uccisa; troppi nomi, troppe verità nascoste che ben presto sarebbero state sbattute sulle più importanti testate nazionali. La sua ultima apparizione alla TV risale al 27 febbraio del 2004; sembra tranquilla e combattiva come sempre nella trasmissione "Enigmi" mandata in onda da Rai 3.  Parla in maniera lucida e razionale, fino a quando il conduttore la prega di non fare nomi e di tacere l'identità dei politici e delle persone di potere che fanno parte di tali sette. Annuisce Cecilia, e di quelle persone non ne descrive neanche l'ambiente preciso, ma lei quei soggetti sembra conoscerli. Dei suoi appunti, dopo la morte, neanche l'ombra. I suoi collaboratori brancolano nel buio più assoluto. In tanti, ricercatori e giornalisti in particolare, sono andati alla ricerca di quei testi mai più ritrovati. Che si siano dissolti nel nulla? E se in realtà quei nomi avessero rivelato un fenomeno molto più importante rispetto a quello che si pensa? E perché chi milita nelle sette sataniche è fermamente convinto che non si sia trattato di un semplice suicidio?  C'è chi parla di Massoneria Nera, la più potente e crudele che esista»[1]. [Testi non precisa che in quella puntata di “Enigma”, Gatto Trocchi parlò apertamente di Massoneria & satanismo].

Testi riferisce un'«intervista segreta» rilasciata da un satanista in un locale di Perugia; il personaggio ammette che a Perugia i satanisti «sono in molti», «non pochi e sono uniti alla Toscana»  (p. 56). Alla domanda (su riti satanici) « [...] è vero che uccidono anche le persone?», la risposta del satanista è: «Sì, ma non sono prettamente satanisti, quello è il gradino più alto. Quello in cui devi arrivare tu se ti giochi le carte giuste. Entrare a far parte della Massoneria Nera, la più potente che c'è. Quella che ha fatto fuori la Gatto Trocchi, sapeva troppe cose e certa gente si dovrebbe fare le sue. Tanto puoi parlarne quanto vuoi ma la gente ha paura e volta la testa da un'altra parte» (p. 57). 

Alla domanda: «Ma chi sono questi» [cioè i membri della «Massoneria Nera»], quel satanista risponde:
«Mica ti posso fare i nomi. Non voglio morire. Comunque gente potente ed in vista anche nella nostra città. Mica come quelli del Grande Oriente, di loro non sospetterebbe nessuno. Hanno delle tenute anche fuori dalla città dove possono fare i loro comodi. È gente pericolosa però. Un giorno puoi essere nelle loro grazie. Il giorno dopo all'inferno. Rimane il fatto che ti spalancano qualsiasi porta» (p. 57).

Testi riporta anche le seguenti dichiarazioni di una satanista:
«Anche da me sono venuti spesso esponenti della massoneria, a volte persone ottime,  altre volte molto invadenti che quasi sembrava volessero costringermi a far parte della massoneria, arrivando persino a minacciare. Ora, non so se siano casi isolati o se questo sia un modus operandi massonico, nella massoneria c'è chiunque e non sapendo con certezza se chi è dietro ad uno schermo è realmente parte di quel qualcosa, non posso dare giudizi in merito, anche se la cosa mi ha fatto pensare» (p. 71).
Ovviamente nelle testimonianze qui citate non compaiono affatto i nomi di quei presunti o sedicenti massoni, logge o grandi logge. Tutto resta nella nebbia del vago e del mistero.

Più avanti, la Testi afferma che l'Umbria sembra essere «terreno fertile» di satanismo e che vari satanisti le hanno confermato il compimento di «abusi e sacrifici» nei loro riti (cf. pp. 113-115). Circa la gerarchia delle sette sataniche, Testi scrive:
«Alcuni adepti hanno confermato un legame con la massoneria nera, sottolineando la sua assoluta potenza in Umbria e confermando l'uccisione di persone scomode o sacrifici umani» (pp. 115-116). Nei riti satanici «si registrano numerosi casi di omosessualità e pedofilia» (p. 116). L’autrice afferma: «l'Umbria vanta un consistente numero di persone scomparse» (p. 116).
Insomma, in Umbria, terra luminosa di Santi (San Francesco, Santa Chiara, S. Veronica Giuliani, ecc.), esistono anche ambienti oscuri.

Vien da chiedersi: che cos’è la cosiddetta “Massoneria nera”? Anni fa alcuni “bloggers” come l’Avv. Paolo Franceschetti e Fabio Piselli (ex parà Folgore, ex consulente di sicurezza e di polizia giudiziaria) hanno descritto in modo vago la “Massoneria nera” come una massoneria deviata, oscura, satanica (http://paolofranceschetti.blogspot.it/2008/08/la-massoneria-nera.html). Ma lo studioso (forse anche l’inquirente) vorrebbe saperne di più: denominazione ufficiale, gerarchia, riti, gradi, simbologia, ubicazioni, ecc., di tale presunta “Massoneria nera”.  Lo studioso non può pretendere che Maestri o Adepti vengano a dirglielo e – a mio parere – è bene non arrischiarsi ad un’ “osservazione partecipante”... Forse potrebbe essere una missione per agenti infiltrati dei Servizi o delle Forze dell’Ordine? Sarebbe una missione moralmente e fisicamente pericolosissima, dagli esiti investigativi e giudiziari molto incerti.


P. Paolo M. Siano


[1] Elena Testi, Il Satanismo in Umbria. La trama nera e il mostro di Foligno, Intermedia Edizioni, Orvieto 2012, p. 48. 

sabato 4 marzo 2017

Il risveglio di un gigante

Segnaliamo il film "Il risveglio di un gigante" sulla vita di Santa Veronica Giuliani che verrà proiettato nel Cinema Santo Spirito di Ferrara dal 10 a 13 marzo (per dettagli su date e orari cliccare nella locandina qui sotto).
La regia è di Giovanni Ziberna e Valeria Baldan, nel cast troviamo Diana Hobel, Abigail Pintar, Enrico Bergamasco, Mandy Marzari e Stella Blasizza.
Per il trailer cliccare qui: https://www.youtube.com/watch?v=cv70EPngAlU

«La vita straordinaria della mistica santa Veronica Giuliani, vissuta a cavallo tra XVII e XVIII secolo e accompagnata sin dall’inizio da segni soprannaturali, culminati con la stigmatizzazione a 33 anni, merita di essere conosciuta da un vasto pubblico. “L’anima più adornata di doni soprannaturali dopo la Madre di Dio”, come la definì Papa Leone XIII, è la protagonista del docufilm Il risveglio di un gigante, che attraverso la finzione cinematografica e una serie di testimonianze ci avvicina a una figura di cristiana esemplare, che ha molto da dire e da insegnare al nostro tempo tormentato e smarrito.» (da Il Timone di novembre 2016)


sabato 14 gennaio 2017

Comunicato stampa: medicina di genere?

Con stupore e preoccupazione abbiamo appreso che il prossimo 17 gennaio presso il polo didattico della azienda ospedaliera universitaria di Ferrara, si svolgerà un "corso formativo" dal titolo "Oltre gli stereotipi di genere: verso nuove relazioni di diagnosi e cura". A differenza di quanto ci potrebbe e dovrebbe attendere dal titolo e dal luogo di svolgimento, l'iniziativa è tutt'altro che un convegno scientifico, ma uno spot ideologico a favore delle teorie "gender", come si evince con chiarezza dalla presenza della presidente di Arcigay Circomassimo Ferrara, Manuela Macario, che presiederà l'incontro assieme (incredibilmente) alla direzione generale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria. In nessuno degli interventi si parla di medicina di genere, ossia di terapie differenziate a seconda del sesso del paziente. Avremo invece l'assessora alle pari opportunità del comune di Ferrara, Annalisa Felletti, a parlare di sedicenti discriminazioni e stigma, o la presidente del comitato territoriale Arcigay di Salerno a illustrare il suo punto di vista su "identità di genere e orientamento sessuale". Si resta infine imbarazzati di fronte alla annunciata presenza del sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani, a quello che dovrebbe essere un corso di formazione per operatori del settore.
Con il chiarimento della deputata PD Paola Boldrini, si credeva si fosse fatta chiarezza sugli scopi e i fini della medicina di genere a Ferrara. Ci pare invece che l'equivoco prosegua e si complichi, sino ad apparire un imbarazzante connubio propagandistico fra politici, associazioni e azienda usl. Si chiede quindi ai soggetti interessati di chiarire scopi e fini, tutt'altro che clinici o medici, dell'incontro, e i motivi per cui questa formazione (ma forse sarebbe meglio dire manifestazione) viene ospitata presso il polo didattico dell'Azienda Ospedaliera Universitaria.

Alberto Pinamonti (Popolo della Famiglia)
Andrea Rossi (Associazione Nazionale Partigiani Cristiani)
Giovanni Corbelli (Amici del Timone)
Paolo Spath (Fratelli d'Italia)
Matteo Fornasini (Forza Italia)

domenica 27 novembre 2016

Cristo Re della Misericordia

Mercoledì 30 novembre alle ore 21 avrà luogo la conferenza di Marco Invernizzi "Cristo Re della Misericordia - Uno sguardo alla missione della Chiesa a conclusione dell'Anno Santo".
Appuntamento al Cinema Teatro Santo Spirito.


lunedì 14 novembre 2016

Anche a Ferrara il Pdf mette le radici


Lo scorso 1 novembre, alla presenza del responsabile regionale Mirko de Carli è stato fondato il circolo ferrarese de "il popolo della Famiglia", che ha eletto Alberto Pinamonti come coordinatore delle proprie attività. "C'è bisogno di fatti per le famiglie ferraresi", ha commentato Pinamonti, "specie in una città con il peggiore tasso demografico della regione; la famiglia e la persona umana devono tornare al centro dell'attenzione politica non come fattori da manipolare, ma come valori fondamentali per il futuro della nostra comunità cittadina e della nostra nazione".
Family Day 2016: Circo Massimo




Family Day 2015: Piazza San GIovanni

sabato 12 novembre 2016

Dove va il Popolo della Famiglia

M.De Carli, responsabile Pdf Emilia Romagna
Una festa di partito. In Italia non siamo più abituati a vederne, visto che sono progressivamente scomparse, man mano che ci siamo allontanati dagli anni della prima Repubblica. Quella dell’Unità, l’unica rimasta, sopravvive unicamente come kermesse commerciale, rivolta a un pubblico di consumatori più che di militanti. Eppure, il Popolo della Famiglia, nuova formazione politica nata dall'esperienza dei Family Day contro le Unioni Civili, il prossimo 20 novembre a Bologna celebrerà la sua prima festa nazionale.
Secondo la tradizione dei partiti di una volta, la intitolerà al suo quotidiano on-line. Dunque, la prima Festa Nazionale de “La Croce”, vedrà assieme agli interventi dei segretari nazionali del partito, Mario Adinolfi e Gianfranco Amato, anche la presenza di spettacoli, incontri culturali, e forse anche piccoli stand ricreativi e librari. E’ il ritorno di una partecipazione popolare alla politica che, in questi tempi di rabbia anti-casta, sembrava perduta. Ne parliamo con Mirko De Carli, organizzatore della festa e responsabile emiliano-romagnolo del Popolo della Famiglia.


Volete tornare alla prima Repubblica, per nostalgia delle antiche Feste dell'Amicizia?

Direi proprio di no. La nostra formazione, benché di dichiarata ispirazione cristiana, meno di ogni altra può essere considerata postdemocristiana. Ancor meno siamo rivolti al passato. Se riproponiamo il ricordo delle antiche feste di partito è perché - se c'è qualcosa da rimpiangere di esse - è la loro natura tutto sommato autenticamente popolare. La nostra festa di Bologna, infatti, mostrerà lo spirito di un popolo unito nella sua identità politica e culturale. Ci ritroveremo per celebrare la contentezza di essere una comunità in cammino. Vogliamo vivere insieme valori autentici, secondo lo spirito di una festa.

Dunque accettate di definirvi cattolici, ma rifiutate l'etichetta di partito postdemocristiano. Qual è pertanto l'ispirazione politica del Popolo della Famiglia?

Non siamo un partito confessionale, nonostante quello che dicono di noi. Anzi, l'esperienza delle nostre prime elezioni amministrative ha visto schierarsi dalla nostra parte, con una collaborazione disinteressata e fattiva, molte persone e gruppi che cattolici di certo non sono. La famiglia e la sua disgregazione - con il conseguente crollo demografico, per non parlare del dilagare dell’impoverimento collettivo e della violenza che nascono dal divorzio di massa - sono il principale problema della nostra società. Lo sfrenato individualismo che nega il valore sociale della famiglia ha minato le basi stesse della socialità, del vivere civile. Non solo i cattolici se ne stanno accorgendo. Nei confronti della gerarchia ecclesiastica, poi, non manchiamo di rimarcare sempre la nostra indipendenza. I fatti di queste ultime settimane ci aiutano.

Immagino si riferisca alla vicenda di Radio Maria, e alla dura reprimenda della Segreteria di Stato rispetto alle affermazioni attribuite a padre Cavalcoli sui castighi divini. Qual è la vostra posizione al riguardo?

Non nascondiamo che abbiamo vissuto quanto accaduto come una bruttissima vicenda. Abbiamo visto una parte della Chiesa italiana schierarsi senza prudenza né carità, anzi apparentemente con una certa brutalità machiavellica, contro chi ha difeso dei principi che appartengono alla cultura cristiana.
È stato un attacco sgradevole, nei confronti di un’emittente che infastidisce le logiche del mondo, proprio perché raccoglie grandissimi ascolti popolari. Popolo contro élites: è la linea di frattura in atto nella politica, non solo italiana. Noi, esattamente come Radio Maria, con il nostro impegno politico stiamo cercando di dare voce a un popolo. Abbiamo la stessa impostazione, quindi abbiamo subito espresso solidarietà a padre Livio.


Vi considerate un partito di opinione? Nonostante invochiate di essere un popolo, per ora avete trovato consenso solo in una minoranza molto ristretta.

Per essere nati da pochissimo tempo, e senza l’appoggio dei media né di grandi capitali, avere subito messo insieme circa l’1% alla prima elezione amministrativa, si può considerare un successo. Più che un partito di opinione, siamo un partito con delle opinioni. Non soltanto sui grandi principi, ma anche sulle questioni concrete della politica sul territorio. Lo dimostra l'avvio di “giunte ombra”, secondo la tradizione anglosassone, nei principali comuni dove siamo all'opposizione. In questo modo proponiamo una politica che entra nel merito delle questioni, che offre risposte dettagliate e competenti, e non si limita ad urlare. Tanta gente oggi comincia a stancarsi del qualunquismo e della retorica anti-casta, e quindi ci manifesta una simpatia crescente.

Ritenete dunque che il consenso per il Popolo della Famiglia sia molto più alto di quello che appare?

Noi osserviamo la realtà. Abbiamo un nostro giudizio su quello che accade che non è basato unicamente su pregiudizi, né tantomeno sulla rabbia di chi rifiuta la politica, considerandola irrimediabilmente corrotta e lontana dalla gente. Ciò non toglie che siamo contenti di vedere come, nonostante lo schieramento imponente di tutto l'establishment - come si dice oggi -  contro i nostri principi e valori, continua ad esistere un popolo che non accetta questa visione della politica. Un popolo che si ribella a scelte tecnocratiche, dove non contano le radici delle persone e la loro dimensione familiare e comunitaria, bensì solo gli individui e le esigenze della produzione e del consumo.

Parliamo della situazione politica globale. Dite di essere contrari al qualunquismo, ma abbiamo visto che la vittoria di Donald Trump è stata da voi salutata con un certo favore.

Proprio questo è quello che ci distingue, anche rispetto ad alcuni cattolici che si dicono “impegnati”, ma che più che qualunquisti finiscono per essere conformisti. Anzi, conformati alle logiche mondane e laiciste. Noi siamo dalla parte dei principi della dottrina sociale della Chiesa, e lo siamo senza paura. Non abbiamo nessun timore di difendere questi principi, anche quando vanno contro la mentalità del secolo, alla quale hanno aderito anche molti sedicenti cattolici. Quando perciò vediamo un popolo, come successo negli Usa, che si ribella al conformismo, alle tecnocrazie e ai diktat del pensiero unico secolarista, non possiamo che esultare. Certo, abbiamo idee spesso diverse, non possiamo definirci in senso stretto degli alleati di un personaggio come Donald Trump. Però apparteniamo a quello stesso popolo, che negli Usa come nel resto dell’Occidente ha lanciato un grido di dolore, per essere stato sostanzialmente dimenticato. La crisi economica si è intrecciata con l'affermarsi di una cattiva globalizzazione. E’ destinato tuttavia ad amare sorprese chi ci ritiene gente istintiva, ignorante e che ragiona solo “di pancia”. Le paure che ci vengono attribuite, semmai sono proprio di quei politici che non sanno offrire più risposte alla problemi della politica attuale. Sono loro ad avere paura dei problemi che non sanno affrontare e quindi preferiscono nascondersi dietro slogan, su temi come l’immigrazione, la trasformazione dell’economia e il crollo demografico.

Siete pertanto contrari alla globalizzazione? Vorreste anche voi alzare muri contro l’immigrazione, nonostante i richiami del Papa?

Noi siamo dalla parte del nostro popolo. Non di un’idea astratta di popolo, né tantomeno dei “poveri” intesi come categoria sociologica che poi non è facile delimitare, e quindi rimane sullo sfondo come un’astrazione. Siamo dalla parte della gente comune, del ceto impoverito dalla crisi economica e morale dell’Occidente. Questo nostro popolo non è ignorante come si vuole pensare, e non ragiona unicamente per interessi egoistici. Esiste una oligarchia della cultura, della comunicazione e pure della politica, che finora si è illusa che il popolo italiano avrebbe continuato a seguirli, scambiando per buona politica i loro pregiudizi, e rifugiandosi nella arroganza e nella presunzione. I fatti li costringeranno a rendersi conto che contro di loro, non solo in Italia, sta nascendo un movimento autenticamente popolare e democratico. Noi non costruiamo muri, né siamo contrari all’accoglienza in linea di principio, ma sappiamo che solo un popolo consapevole di se stesso, che abbia ritrovato il senso dell’essere comunità, potrà offrire a chi preme alle porte un’integrazione che non sia solo un’ammucchiata. E’ quello che la sinistra, anche ecclesiastica, continua a non capire. Ma noi abbiamo le idee chiare e diamo appuntamento a Bologna per sentirne parlare.