Pochi giorni dopo la sua elezione Papa Francesco, commentando la scelta del suo nome da Pontefice, Francesco, ispirato al santo di Assisi, ha espresso anche il forte desiderio per una “una Chiesa povera e per i poveri”. E tale concetto è stato rimarcato recentemente in due differenti interventi in cui il Papa, esaminando l’attuale situazione economica mondiale, ha osservato come “la crisi finanziaria abbia avuto origine nel rifiuto di quell’etica che «dà fastidio», perché ricorda l’esatto ordine dei fattori. L’uomo al primo posto, soprattutto i poveri, poi tutto il resto, compreso il denaro.
Il denaro deve servire e non governare”. E citando poi San Giovanni Crisostomo, ha affermato: «Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli». E poi ha concluso “Una Chiesa senza la Carità non esiste” Ed è per questo motivo che noi Amici del Timone, in piena comunione con il Santo Padre, nel nostro piccolo, abbiamo pensato di dar voce a tutte quelle persone “invisibili” dei paesi emergenti sacrificate nel nome del “dio” denaro dando il via a brevi reportage mensili riguardanti lo sfruttamento lavorativo per meglio sensibilizzare il problema. Partiremo in questo primo appuntamento commentando il contributo dell’industriale veronese Carlo Bonazzi sulle condizioni lavorative in Bangladesh pubblicato da Avvenire lo scorso 12 maggio a pag 26. L’imprenditore Bonazzi, in sintesi, riporta come in Bangladesh l’attività dominante (quasi esclusiva) sia la confezione dei capi d’abbigliamento: taglio, assemblaggio, cucitura, rifinitura, stiro. Gli stabilimenti lavorano per conto di grandi marche operanti su scala mondiale, come Adidas, Walmart, Tesco, Primark, Tchibo, H&M, Kik, Gap, Nike, Levis, Carrefour. Il salario mensile medio è di 3.000 Taka circa, pari a 29 euro. L’orario di lavoro raggiunge le 14-16 ore al giorno, per sette giorni la settimana. Per quanto riguarda le turnazioni, si hanno casi di fine turno alle 3 di notte con ripresa del turno alle 7,30 del mattino. Dal 2006 si sono registrati circa 500 decessi in incidenti mortali.
Crediamo che questa sia
una testimonianza importantissima. E’ un dare voce a tutte quelle persone
'invisibili' che quotidianamente vivono in condizioni disperate, spesso
causate e volute da una minoranza dell’umanità, quella occidentale… la
nostra!
Sapere
di persone che sono costrette a lavorare per 14-16 ore al giorno per 7 giorni
alla settimana per 29 euro al mese e che alcuni turni finiscono alle 3 del mattino
per poi ricominciare alle 7.30 fa letteralmente mancare il respiro. Tra noi
occidentali esistono fior fiore di organizzazioni per la difesa dei diritti
umani, pluripremiate e assai attive mediaticamente, ma che poi sembrano non accorgersi
di situazioni come quella del Bangladesh.
Eppure tali condizioni lavorative
sono il puro annientamento della persona (azzeramento dei rapporti umani,
disgregazione della famiglia...), della speranza, dei più elementari diritti umani.
Diritti probabilmente di serie B, che non rappresentano la priorità per i
corifei del cosiddetto 'politicamente corretto'. Davvero noi cristiani
dobbiamo diventare sempre di più la voce e il sostegno degli 'ultimi', la
coscienza viva che incalza chi crede (anche tra noi) che il mondo sia solo a
propria misura…
Amici
del Timone di Ferrara
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