mercoledì 29 maggio 2013

I nuovi schiavi del XXI secolo



Pochi giorni dopo la sua elezione Papa Francesco, commentando la scelta del suo nome da Pontefice, Francesco, ispirato al santo di Assisi, ha espresso anche il forte desiderio per una “una Chiesa povera e per i poveri”. E tale concetto è stato rimarcato recentemente in due differenti interventi in cui il Papa, esaminando l’attuale situazione economica mondiale, ha osservato come “la crisi finanziaria abbia avuto origine nel rifiuto di quell’etica che «dà fastidio», per­ché ricorda l’esatto ordine dei fattori. L’uomo al primo posto, soprattutto i po­veri, poi tutto il resto, compreso il dena­ro.

Il denaro deve servire e non governare”. E citando poi San Giovanni Criso­stomo, ha affermato: «Non condividere con i poveri i propri beni è derubarli». E poi ha concluso “Una Chiesa sen­za la Carità non esiste” Ed è per questo motivo che noi Amici del Timone, in piena comunione con il Santo Padre, nel nostro piccolo, abbiamo pensato di dar voce a tutte quelle persone “invisibili” dei paesi emergenti sacrificate nel nome del “dio” denaro dando il via a brevi reportage mensili riguardanti lo sfruttamento lavorativo per meglio sensibilizzare il problema. Partiremo in questo primo appuntamento commentando il contributo dell’in­dustriale veronese Carlo Bo­nazzi sulle condizioni lavora­tive in Bangladesh pubblicato da Avvenire  lo scorso 12 mag­gio a pag 26. L’imprenditore Bonazzi, in sintesi, riporta come  in  Bangladesh l’attività dominante (quasi esclusiva) sia la confezione dei capi d’abbigliamento: taglio, assemblaggio, cucitura, rifinitura, stiro. Gli stabilimenti lavorano per conto di grandi marche operanti su scala mondiale, come Adidas, Walmart, Tesco, Primark, Tchibo, H&M, Kik, Gap, Nike, Levis, Carrefour. Il salario mensile medio è di 3.000 Taka circa, pari a 29 euro. L’orario di lavoro raggiunge le 14-16 ore al giorno, per sette giorni la settimana. Per quanto riguarda le turnazioni, si hanno casi di fine turno alle 3 di notte con ripresa del turno alle 7,30 del mattino. Dal 2006 si sono registrati circa 500 decessi in incidenti mortali.





Crediamo che questa sia una testimonianza impor­tantissima. E’ un dare voce a tutte quelle persone 'invisibili' che quotidiana­mente vivono in condizioni disperate, spesso causate e volute da una minoranza del­l’umanità, quella occidenta­le… la nostra!
Sapere di per­sone che sono costrette a la­vorare per 14-16 ore al giorno per 7 giorni alla settimana per 29 euro al mese e che alcuni turni finiscono alle 3 del mat­tino per poi ricominciare alle 7.30 fa letteralmente manca­re il respiro. Tra noi occiden­tali esistono fior fiore di organizzazioni per la difesa dei di­ritti umani, pluripremiate e assai attive mediaticamente, ma che poi sembrano non ac­corgersi di situazioni come quella del Bangladesh.


 Eppu­re tali condizioni lavorative sono il puro annientamento della persona (azzeramento dei rapporti umani, disgrega­zione della famiglia...), della speranza, dei più elementari diritti umani. Diritti proba­bilmente di serie B, che non rappresentano la priorità per i corifei del cosiddetto 'poli­ticamente corretto'. Davvero noi cristiani dobbiamo di­ventare sempre di più la voce e il sostegno degli 'ultimi', la coscienza viva che incalza chi crede (anche tra noi) che il mondo sia solo a propria mi­sura…


 Amici del Timone di Ferrara

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