Siamo tutti in attesa della grande conferenza di Giovedì prossimo che vedrà Mons Negri e Roberto De Mattei parlare delle Crociate.
La serata sarà condotta da un personaggio molto originale o almeno insolito nei nostri ambienti culturali. Abbiamo infatti invitato il professor Tommaso Mantovani, insegnante di storia, filosofia e storia dell'arte a Ferrara, noto in città per essere un appassionato portavoce di battaglie civili, legate soprattutto alla salute ambientale. Siamo sicuri che, con la competenza della sua professione unita all'estrosità che gli è connaturale, potrà soltanto completare e arricchire una serata che si preannuncia ricca di interesse sotto tanti punti di vista.
E per prepararci al l'evento ed entrare pienamente nel tema vi presentiamo in esclusiva un capitolo di un libro di prossima pubblicazione del nostro Paolo S. intitolato "Dialogo sulle Crociate".
Dialogo Sulle Crociate
Goffredo di Buglione |
Ed ora
caro cugino siamo giunti al tema più commentato, dove ognuno si erge a vero conoscitore della verità: le Crociate. Anche qui regna sovrano il pregiudizio.
La retorica degli islamisti non lascia alcun dubbio sul fatto che le radici
dell’attuale conflitto tra mondo islamico ed Occidente risiedano nelle crociate
del Medioevo. Il nome ufficiale dell’organizzazione terroristica al-Qaida
è <Jihad contro gli ebrei e i
crociati>>. Anche in Occidente si è sulla stessa lunghezza d’onda; Michael
Baigent e Richard Leigh nel loro tendenzioso bestseller “L’Inquisizione.
Persecuzioni, ideologia e potere” le definiscono il prototipo storico
dell’imperialismo e del colonialismo occidentale. Oppure ricorderai sicuramente
il film “Le crociate” di Ridley Scott in cui dipinse i crociati
come fanatici intolleranti ed invece gli arabi come nobili e leali; l’eroe
della pellicola è il sultano Saladino, che non solo battè i
cavalieri cristiani nel 1187 nella battaglia di Hattin
annientandoli, ma (nella realtà, non nel film) assistè con il “volto
sorridente”, come ci riferisce il suo cronista Imad ad-Din, alla
decapitazione di tutti i cavalieri sopravvissuti. I giudizi sommari dipingendo
qualcosa tutto di bianco o di nero non aiutano alla comprensione della storia.
Oggi è <> vergognarsi delle crociate,
pensando che la <> sia una perversione
del messaggio evangelico e naturalmente su questo si deve essere d’accordo, ma
occorre non semplificare la trattazione altrimenti si rischia di andare alla
deriva rispetto alla verità; si deve anche valutare in che termini la dogmatica
cristiana contempla il diritto alla legittima difesa e all’autodifesa. Per
comprendere se le crociate erano una guerra offensiva, un atto di aggressione e
di intolleranza religiosa o un’assistenza armata alla minoranza cristiana in
Terrasanta e una difesa per la sicurezza dei pellegrini a Gerusalemme occorre
studiare le fonti storiche. Mi occorre il tuo aiuto Ciro per quest’opera di ricerca,
da quando, dopo il 325, per ordine di Costantino il Grande, furono
portati alla luce il sepolcro di Cristo e la collina del Golgota, e su questi
luoghi fatta erigere una basilica monumentale, la Chiesa della Resurrezione,
il santuario più importante della Cristianità, meta perenne di pellegrinaggio;
comprendere che Roma e Costantinopoli erano i centri della Chiesa ma
Gerusalemme, il cui vescovo venne nominato ben presto patriarca, invece veniva
considerata il centro spirituale del mondo cristiano. Vorrei, Ciro, che mi
introducessi il profilo storico dell’ultimo profeta per partire con il nostro
viaggio nella storia.
Cavaliere Templare |
Certo caro Paolo, potrai poi
trarre le dovute conseguenze facendo il parallelismo tra la sua di vita e
quella del nostro Signore Gesù Cristo. Quello che ti dirò è di facile verifica
storica. Nel 610 il mercante quattordicenne Muhammad
(Maometto, 570-632) ebbe nel deserto vicino alla Mecca la prima
di una serie di visioni che lo persuasero di essere l’ultimo profeta chiamato
da Dio. Ricevette da un angelo dei versi che fece scrivere su fogli volanti;
furono i suoi seguaci, poi, a raccoglierli e farne un libro profetico, il Qur’an,
<>. Per lui le sue visioni completavano la Rivelazione Divina ,
era l’ultimo profeta di Allah. Di qui cercò di essere
riconosciuto tra gli ebrei e i cristiani che allora vivevano nella penisola
arabica, ma senza successo. Sai bene Paolo che per gli ebrei la rivelazione
termina con la consacrazione del secondo tempio, mentre per i cristiani con la
fine dell’epoca apostolica. Il rifiuto maturò in lui la convinzione, durante le
sue visioni, che si erano allontanati dalla retta via dell’unico vero Dio e che
i loro scritti fossero falsificati; la conversione degli infedeli più ostinati
doveva avvenire con la spada.
E dal
punto di vista dogmatico Maometto cosa rifiutava del cristianesimo?
La sua critica riguardava in
prima linea il dogma della Trinità, che lui considerava solo una forma
di politeismo. Per lui Gesù era un grande profeta, credeva perfino nella verginità
della Madonna, ma non che fosse figlio di Dio. Negava la crocifissione
e la resurrezione, sostenendo nel Qur’an al posto di Gesù era stato
crocifissa un’altra persona. Oggi gli studiosi sono convinti che molti
contenuti delle sue visioni nascessero dal suo subconscio e dalla sua
esperienza girovaga da mercante. Nel VII secolo in Arabia c’erano ancora
alcune sette gnostiche, che non credevano alla crocifissione poiché per loro
Gesù era un angelo della luce con un corpo solo apparente e quindi non potevano
né vivere né morire. Altri, come gli ariani, rifiutavano la Trinità poiché ritenevano
che Gesù fosse simile nella sostanza del Padre ma non della stessa sua
sostanza. Perfino la prima moglie di Maometto, la ricca e rispettata Khadija,
vedova di un mercante e di quindici anni più vecchia di lui, che lo sostenne
sempre finanziariamente, sarebbe stata una cristiana eterodossa.
Il Profeta Maometto |
Le sue
rivelazioni furono subito accolte dai suoi coevi?
Quando Maometto si presentò in
pubblico con le sue rivelazioni, nel 614 alla Mecca, incontrò un secco
rifiuto. La città si era arricchita grazie ai numerosi pellegrini della Kaaba,
un santuario pagano e quindi non c’era nulla che per loro servisse meno del
purismo monoteistico. Quei pochi proseliti li fece tra i ceti inferiori, ma
quando morì la sua potente moglie protettrice Maometto e i suoi seguaci, i primi
musulmani, furono espulsi dalla città della Mecca. Si stabilì, poi, nella
città più vicina, Medina, dove raccolse altri seguaci, stringendo perfino un
patto con gli ebrei locali. Non appena divenne sufficientemente forte, si mise
a capo di un esercito ben addestrato e condusse una campagna contro la Mecca che prese nel 630.
Solo chi non si opponeva rimaneva in vita; fece giustiziare pubblicamente una
tribù ebraica per aver, a suo parere, rotto il patto stipulato in precedenza.
Ora Maometto aveva il potere di ripulire la Kaaba dalle immagini degli idoli e che
prontamente fece divenire il luogo più sacro della nuova religione che chiamò islam
(<>), chiamando i suoi seguaci musulmani
(<>), i quali dovevano pregare cinque
volte al giorno nella sua direzione e recarvisi in pellegrinaggio una volta
nella vita. Da allora Maometto considerò la guerra in nome di Dio, jihad,
un mezzo legittimo per diffondere la sua religione e a chi si rifiutava di
accettarla non rimaneva altro che pagare, soggiogati, dei tributi ai musulmani,
come puoi leggere nella Sura 9, versetto 29, del Qu’ran. Che con queste
parole non avesse in mente solo l’Arabia ma il mondo intero, lo dimostrò nel 632
quando il suo esercito attaccò il confine meridionale dell’impero bizantino e
conquistò Aqaba. Mandò un’epistola all’imperatore all’imperatore a
Costantinopoli, al re di Persia e al negus dell’Etiopia esortandoli a
sottomettersi all’islam. La conduzione di altre <> la
lasciò ai suoi seguaci, in quanto lui si ritirò a vita privata con le sue nove
mogli, di cui la più giovane e amata, A’isha, l’aveva sposata all’età di
dieci anni. Ma due anni dopo morì improvvisamente causando uno shock tra i suoi
seguaci, che, inoltre, si aspettavano che venisse trasportato in cielo in anima
e corpo, come accadde per Mosè. Prendendo atto di questo, si dedicarono
esclusivamente al loro compito principale, ovvero il jihad. Stava terminando il
VI secolo ed il mondo islamico si estendeva dal Nordafrica all’Afghanistan,
dallo Yemen alla Siria; di quella che era stata la metà orientale dell’impero
romano, ai bizantini non rimaneva altro che la Grecia e l’odierna Turchia.
Espansione dell'Islam tra il VI e il XII secolo (fonte http://www.silab.it/) |
Sicuramente la portata di tale espansione
inarrestabile, pressoché unica nella storia, comparabile solo alla campagna di
Alessandro Magno, gettò l’Europa nel terrore, vero Ciro?
Verissimo Paolo. Nel 711 i
musulmani attraversarono lo stretto di Gibilterra ed in un solo anno occuparono
l’intera penisola iberica; nel 732 Carlo Martello, il
nonno di Carlo Magno, se non li avesse fermati a Poitiers
avrebbero probabilmente conquistato anche la Francia ; nel frattempo, tra il 717 ed il 718
falliva un assedio di Costantinopoli. Nel 638, quando i musulmani sotto
il loro secondo califfo, il successore di Maometto Omar,
conquistarono Gerusalemme, i cristiani non opposero resistenza, poiché il
<> da versare in quanto non credenti era comunque
inferiore alle tasse per l’impero bizantino; inoltre Omar garantì ai cristiani
le loro proprietà e le loro chiese. L’aveva detto anche Maometto nel Corano (2,
256):<>.
In questo periodo storico gli
arabi erano molto tolleranti. Infatti nella Spagna moresca la minoranza
cristiana assunse perfino la lingua e la scrittura araba per i servizi divini.
In al-Andalus, la Spagna
per gli arabi, la coesistenza pacifica delle due civiltà e delle due religioni
portò ad una fioritura straordinaria per il primo Medioevo. Ad esempio, il
leggendario califfo Harun ar-Rashid, uomo di grande cultura,
nell’801 (secondo altri fonti già nel 797) per dimostrare la sua
volontà di pace conferì ufficialmente all’imperatore d’Occidente Carlo
Magno la proprietà dei Luoghi Sacri di Gerusalemme, inviandogli una
copia delle chiavi della chiesa del Santo Sepolcro. Fatto ancor più
straordinario se si considera che Carlo, solo un decennio prima, aveva
combattuto i saraceni nella Spagna del Nord e aveva sottratto loro la <>, la Catalogna. Allora
Ciro come si addivenne allo scontro con i cristiani?
Nel X secolo in Terrasanta
cominciarono ad esserci scontri violenti tra cristiani e musulmani. Nel 966
i bizantini riconquistarono parte della Siria e i musulmani dichiararono il
jihad dando sfogo alla rabbia della sconfitta contro i cristiani di
Gerusalemme. In quell’occasione appiccarono il fuoco anche al tetto della
chiesa della Risurrezione. L’azione repressiva dei musulmani continuò poi con i
Fatimidi (dinastia berbera marocchina composta dai discendenti della
figlia di Maometto Fatima), che invasero Egitto, Siria e Palestina. Durante
la conquista di Gerusalemme ad opera del califfo fatimide Ibn Moy,
nel 979, fu scagliato del fuoco contro i portali della chiesa della
Resurrezione, la cupola crollò e il patriarca morì tra le fiamme. Fu
ricostruita di nuovo alla meglio solo nel 984. Quando fallì miseramente
l’attacco all’impero bizantino del califfo fatimide Abu Ali al-Mansur
al-Hakim (996-1021), questi si vendicò dell’insuccesso
prendendosela con i cristiani del suo regno: espropriate e saccheggiate circa
3000 chiese. Nel 1009 il califfo in uno slancio di forte fanatismo
religioso ordinò al governatore di Ramla di distruggere il simbolo del
cristianesimo; l’edificio fu raso al suolo fino alle fondamenta ad eccezione di
quanto non poteva essere distrutto. Pensa che il Santo Sepolcro stesso, allora
ancora integra, avrebbe dovuto essere distrutta a colpi di mazza. Un testimone
oculare, il monaco benedettino Ademaro di Gerusalemme raccontò
inorridito che, non essendo in grado di spaccare la roccia, vi appiccarono il
fuoco; l’incendio fu poi spento con l’acqua fredda e la roccia, resa friabile,
spaccata. Solo una parte della grotta sopravvisse in segno di sfida a quella
feroce violenza, come anche la panca di pietra su cui un tempo giacque il
cadavere del Crocifisso. Quando in Europa si seppe della profanazione dei
Luoghi Santi si elevò un grido di orrore ed alcuni ne videro un segno della
prossima fine del mondo essendo nel nuovo millennio. Mentre il successore di
al-Hakim trattava con l’imperatore di Bisanzio per la ricostruzione della
chiesa della Risurrezione (in Occidente chiesa del Santo Sepolcro), in Europa
cresceva il malcontento nei confronti del fatto che il Santo Sepolcro fosse
alla mercè degli <>. Intanto nel 1050 vennero
espulsi da Gerusalemme 300 cristiani e ai pellegrini provenienti dall’Europa fu
vietato l’accesso alla chiesa del Santo Sepolcro. Nel 1065 l’arcivescovo
di Magonza e i vescovi di Utrecht, Bamberga e Ratisbona intrapresero un
pellegrinaggio in Terrasanta e dovettero munirsi di un scorta armata; infatti
il cronista Berthold di Reichenau riferì che dovettero sopportare
molte angherie da parte degli idolatri e furono perfino costretti ad ingaggiare
un combattimento con loro.
Carlo Magno |
Quindi mi
sembra di aver capito che le strade dei pellegrini non erano più sicure e gli
assalti ai pacifici viaggiatori all’ordine del giorno. Ma mi chiedo come il
contesto storico in cui si stavano sviluppando queste dinamiche si intrecciavono
con l’autorità dell’impero di Costantinopoli.
Vedi Paolo, i Seleucidi,
un popolo della steppa proveniente dal territorio dell’odierno Turkmenistan,
predecessori dei turchi di oggi, si riversarono dal 1055 in tutto
l’Oriente uccidendo, saccheggiando ed incendiando, anche popolazioni musulmane
come i persiani, siriani e nel 1077 Gerusalemme. Il loro emiro Atsiz
bin Uwaq promise di risparmiare gli abitanti della Città Santa se si
fossero consegnati senza combattere, ma quando entrarono dentro le mura
uccisero ugualmente 3000 civili musulmani. Dopo aver travolto l’Anatolia,
il loro condottiero Kilij Arslan si conferì il titolo di <> avanzando pretese su Costantinopoli; scelse infatti come
capitale Nicea, ovvero la città in cui la cristianità tenne il 1°
concilio dell’era post-apostolica e situata a meno di 100 Km dall’antica capitale
dell’impero, il centro della Chiesa d’Oriente: si sentiva minacciosa la sua
vicinanza ora; i <> erano giunti alle mura della città di
Costantinopoli. Superando orgoglio e pregiudizi, che a Bisanzio si
nutriva contro la Chiesa
di Roma, in cui le ferite per lo scisma del 1054 erano ancora vive, l’imperatore
Alessio I Comneno (1081-1118), fortemente preoccupato
della minaccia seleucida, all’inizio dell’anno 1095 mandò il suo
straziante messaggio di aiuto, con una delegazione, al papa Urbano II
(1088-1099), come ci racconta il cronista Bernoldo di Costanza. E
poi affichè la sua richiesta non suonasse troppo egoistica, per non rischiare
un rifiuto, lasciò intendere che i musulmani avevano anche un secondo
obiettivo: Gerusalemme.
Alessio I Comneno |
A tale
proposito, lo storico bizantino Teodoro Scutariota riferisce che
Alessio I considerava una grazia divina il fatto che gli occidentali non
sopportassero l’idea del dominio dei persiani (intendendo i seleucidi) su
Gerusalemme e sul Santo Sepolcro del Salvatore.
Infatti lo giudicava un vantaggio
per sé. Quando la delegazione imperiale giunse in Italia, il papa era impegnato
in un sinodo a Piacenza. Si dipinse una situazione a tinte drammatiche,
una minaccia dall’Oriente sempre più vicina, dinanzi alla quale non si poteva
abbandonare sofferenti i loro fratelli e le loro sorelle. Di qui ora si snoda
un punto cruciale per comprendere con onestà intellettuale il vero significato
storico delle crociate con metodo filologico: Gesù aveva predicato la non
violenza e il pacifismo ma a partire dal IV secolo si credeva che alcune
situazioni eccezionali giustificassero l’impiego delle armi; il principio della
<<guerra giusta>> era stato introdotto dal grande dottore
della Chiesa e massimo teologo dell’occidente Agostino. Un principio
semplicissimo:“Chi viene attaccato ha il diritto di difendersi. Chi si vede
portar via un bene ha diritto a riprenderselo, anche con le armi se necessario,
eventualmente con una guerra”.
Ricordo che già il predecessore
di Urbano II, Gregorio VII (1073-1085), pensava ad una
guerra per liberare i Luoghi Santi, dopo che il suo legato a Costantinopoli gli
aveva riferito della pressione dei Seleucidi e del pericolo per i pellegrini. E
nel 1064 papa Alessandro II (1061-1073) aveva concesso la
remissione dei peccati ai cavalieri che si schieravano al fianco dei loro
fratelli cristiani spagnoli durante la
riconquista delle loro terre.
Urbano II |
Quindi,
presumo che la risposta degli inviati di Alessio I superò le più rosee
aspettative.
Infatti: il papa e i vescovi
avevano promesso solennemente di prestare aiuto all’imperatore contro i pagani.
Da Piacenza Urbano II raggiunse Clermont-Ferrand, in Francia, dove nel
novembre del 1095 radunò in concilio i vescovi dell’Europa Occidentale. Il 27
novembre 1095, per il suo discorso pubblico di fine riunione, in migliaia
si riversarono a Clermont-Ferrand per assistere di persona a come il papa
avrebbe esortato la cristianità alla più grande impresa comune della sua storia
millenaria: la prima crociata. Queste le sue parole: <<E’
impellente che vi affrettiate a marciare in soccorso dei vostri fratelli in
Oriente, che hanno bisogno del vostro aiuto e l’hanno spesso richiesto. I
turchi si sono scagliati contro di loro e hanno invaso le frontiere dell’impero
romano fino al luogo del Mar Mediterraneo detto Braccio di San Giorgio. Hanno
occupato le terre cristiane, vinto sette volte in altrettante battaglie,
uccidendo molti e rendendo schiavi altri, rovinando le chiese, devastando tutti
i paesi cristiani. Se permetterete loro di continuare in quest’opera di
devastamento arriveranno a sottomettere tutto il popolo dei credenti. Per
questo Dio vi esorta, quali araldi di Cristo, quali uomini di ogni stato, non
importa se cavalieri o soldati a piedi, se ricchi o poveri, di distruggere e
scacciare questa razza senza valore dalle nostre terre e di aiutare per tempo i
loro abitanti cristiani>>. A coloro che viaggiavano <<sia
per terra che per a mare>> per combattere contro gli <<idolatri>>,
il papa promise il perdono di tutti i peccati. Adesso ognuno doveva raccogliere
denaro e partire all’arrivo della primavera. L’appello di Urbano II ottenne
l’effetto desiderato. Il suo discorso venne interrotto di continuo dal grido
entusiasta di: <<Deus lo vult>>, <<Dio lo vuole>>.
Un
discorso che aveva fatto scoprire ad un’intera generazione la propria
vocazione. Il papa aveva fatto confezionare delle croci di stoffa rossa da
consegnare come distintivo a chi voleva intraprendere questa <<guerra
giusta>>, ed in altra sede approfondiremo questo concetto. Andarono
esaurite in pochi minuti e si dovette provvedere a prepararne di nuove, tanto
fu l’entusiasmo per l’impresa. Mettiamo bene in evidenza che quanto stava per
accadere non tratta vasi di imperialismo, colonialismo o di conversione
forzata dei musulmani, ma solo unicamente della sopravvivenza dei cristiani
in Oriente e della sicurezza dei pellegrini occidentali che visitavano
Gerusalemme, dopo aver preso atto che i musulmani erano venuti meno alla parola
data distruggendo in massa le chiese, in particolare quella del Santo Sepolcro,
vessando i cristiani, e che un Paese cristiano fratello, quello che restava
della Nuova Roma, aveva chiesto aiuto contro la minaccia seleucida, in cui un
rifiuto sarebbe stato equiparabile a un’omissione di soccorso. In base a questi
motivi uno storico obiettivo deve giudicare legittimo l’appello di Urbano II e
la crociata, almeno all’inizio, una misura giustificata. Lo storico Egon
Flaig scrisse a tale proposito: <<Urbano II vide giusto. Se
Costantinopoli fosse caduta già nel 1100, l’enorme forza militare dell’esercito
turco avrebbe colpito l’Europa centrale quattrocento anni prima. La cultura
europea, con le sue molteplici sfaccettature, probabilmente non sarebbe nata:
niente comuni né città libere, nessun dibattito tra città e impero, niente
cattedrali, niente Rinascimento, niente progresso scientifico: perché nei
territori dell’islam proprio in quell’epoca il libero pensiero (quello greco)
scomparve. Quando Jacob Burchhardt dice che è stata una fortuna che
l’Europa abbia fatto fronte comune contro l’islam significa proprio che noi
dobbiamo alle crociate tanto quanto alla guerra di difesa dei greci contro i
persiani>>. Gli eccessi a cui si sarebbe arrivati mentre la crociata
era in corso, e che riempirono di ribrezzo anche il papa, sono un’altra
faccenda.
E’ un osservazione tanto
pertinente quanto illuminata questa. Molti non lo sanno o si convincono di non
saperlo ma qui si è compiuta la volontà di Dio che come sempre si serve anche
del male compiuto in piena libertà dagli uomini per perseguire e realizzare il
Suo progetto di Bene e di Amore per l’umanità e per ogni singolo uomo.
Purtroppo il pregiudizio annichilisce anche le verità storiche,
strumentalizzando ad arte gli eventi che possono etichettare e bollare come
“negativo” ed “esiziale” un fatto storico relativo alla Chiesa. A tale
proposito si segnalano le menzogne e le falsità di Michael Baigent
e di Robert Leigh che mentono quando scrivono che <<…a
parte i benefici spirituali e morali (il crociato) poteva rivendicare beni,
terre, donne e titoli nei territori che conquistava; accumulare tutto il
bottino e le spoglie che desiderava; qualunque fosse il suo status sociale
d’origine, per esempio quello di figlio cadetto senza diritto al titolo e alle
terre, poteva diventare un potente signorotto, con una corte, un harem e
sostanziose proprietà territoriali. Ecco la messe che era possibile raccogliere
con la semplice partecipazione a una crociata…>>. In realtà non ci
furono promesse riguardo a beni materiali di alcun tipo. Anzi, nel decreto del
concilio di Clermont si diceva esplicitamente che solo a chi era partito alla
volta di Gerusalemme per liberare la
Chiesa di Dio spinto dalla devozione e non per ottenere onore
e denaro, il viaggio avrebbe portato la remissione dei peccati. La partenza per
la Terrasanta ,
lasciandosi alle spalle averi, proprietà e perfino la famiglia nell’incertezza,
fu davvero interpretato come offerta di sé nel senso della sequela
incondizionata di Cristo, proprio come l’aveva definita Pietro: <<Ecco,
noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito>> (Mt. 19,
27). I testamenti che molti crociati lasciarono prima di partire sono
una testimonianza di questo atteggiamento di fede profonda. A ciò si aggiunse
il desiderio sconvolgente di vedere Gerusalemme e i luoghi della morte e
risurrezione di Cristo e potersi avvicinare un po’ di più al Paradiso.
I
condottieri della prima crociata, Goffredo di Buglione, Roberto
di Normandia, Boemondo di Taranto, Raimondo IV di
Tolosa, Baldovino di Boulogne e Roberto di Fiandra,
erano tutti, eccetto Baldovino, figli primogeniti ed eredi di importanti
principati e contee; due di loro impegnarono e vendettero perfino i loro
possedimenti per finanziare l’impresa. Quando, alla fine, Goffredo di Buglione
avrebbe dovuto essere incoronato <<re di Gerusalemme>>
rifiutò; non volle portare la corona di sovrano nella città in cui Gesù Cristo
era stato cinto da quelle spine. Prese invece il titolo di <<advocatus
sancti sepulcri>>, <<difensore del Santo Sepolcro>>,
ciò indubbiamente era. Naturalmente ci fu anche chi partecipò alla crociata e
si arricchì, sia con il saccheggio sia stabilendo principati. Ma non era stata
questa l’intenzione di Urbano II; il suo piano era di riportare sotto la
sovranità di Bisanzio i territori liberati, nella speranza che Costantinapoli,
come contropartita, mettesse fine allo scisma e riconoscesse il papa.
La conquista di Gerusalemme |
Ribadiamolo a coloro che credono
di sapere: il papa non aveva affatto promesso la remissione dei peccati a tutti
i crociati ma soltanto a quelli che morivano in viaggio o in battaglia,
<<A coloro che, partiti per questa guerra santa, perderanno la vita
sia durante il percorso di terra, sia attraversando il mare, sia combattendo
gli idolatri, saranno rimessi per questo stesso fatto tutti i peccati>>;
queste furono le parole di Urbano II citate da Fulcherio di Chartres,
testimone oculare di quegli eventi. All’inizio di ogni indagine epistemologica
dobbiamo partire dalla considerazione che il nostro giudizio contingente su un
evento, su un fatto può essere stato condizionato, anche subliminalmente per una serie di motivi che poi si possono
anche indagare; per poter accertare la verità questo è fondamentale,
ricerchiamo con metodo storico-scientifico e scopriremo quanti miti ci sono
stati inculcati nella mente. I Padri della Chiesa della prima patristica
dicevano: “Cercate leggendo, troverete meditando. Bussate con la preghiera e
vi sarà aperto dalla contemplazione”. Oppure se abbiamo un idea, un
pensiero o una presunta certezza su un argomento, cerchiamo anche sull’altra
sponda, quella con punto di vista opposto al nostro, per poter poi fare le
dovute verifiche; a tale proposito i giuristi della tradizione antica dicevano:
“Audiatur et altera pars”.
Ritornando
alle promesse di Urbano II, solo dieci anni dopo il monaco Roberto, che si
basava unicamente su resoconti orali, sostenne che Urbano II avesse promesso
molto di più: <la Scrittura
in essa scorrono latte e miele.
Gerusalemme è l’ombelico del mondo, la sua terra è più fertile delle
altre>>. Anche se è sicuro che queste parole non siano autentiche, esse
ci rivelano tuttavia qualcosa dello stato d’animo che seguì a Clermont Ferrand.
Predicatori inviati al seguito dei crociati e sedicenti tali attraversavano il
Paese per mobilitare cavalieri e il popolo e per avere successo abbellivano a
loro discrezione il discorso del papa. Ma credo che anche altro contribuì a
fornire motivi per la creazione di miti anticlericali, vero?
Certo. Come non parlare della “crociata
dei pezzenti”? Una delle figure più funeste dell’epoca fu Pietro di
Amiens, detto anche l’<<Eremita>>. L’eremita
vegetariano ma amante del vino, vestito di stracci e non proprio puro di cuore
e costumi, sosteneva di aver avuto una visione nel corso di un suo
pellegrinaggio a Gerusalemme: Cristo stesso l’aveva esortato a liberare i
Luoghi Santi. Il fatto che se l’era fatta confermare dal patriarca stesso di
Gerusalemme gli conferì una certa credibilità. In seguito sostenne anche di
essere stato lui a ispirare al papa la crociata, cosa piuttosto improbabile.
Sfruttò l’atmosfera dell’inverno 1095-1096, il fervore della partenza,
per mettere in piedi la sua impresa: la crociata dei pezzenti. In virtù
del suo grande talento retorico e demagogico riuscì a mobilitare in brevissimo
tempo circa 20.000 uomini; tra di loro c’erano onesti e disonesti, adulteri,
assassini, ladri, spergiuri, briganti, la cristianità tutta, perfino il sesso
femminile come ci racconta il cronista Alberto di Aquisgrana.
Questo mucchio di pezzenti aveva davero poco in comune con l’esercito dei
cavalieri, che partì per iniziativa del papa e al comando del vescovo di Le
Puy, Ademaro di Monteil.
Pietro l'Eremita predica la Crociata |
Quindi mi
sembra di aver capito che questa crociata era del tutto autonoma, un’iniziativa
privata di questo Pietro l’Eremita.
Solo sua. Nell’aprile del 1096,
proveniente dalla Francia, invase la
Renania e già allora disponeva di così pochi mezzi che gli
abitanti di Colonia, spinti dalla compassione, si dichiararono pronti a
fornirgli le provviste alimentari. Ma all’eremita non bastava; per finanziare
il lungo viaggio fino in Terrasanta aveva bisogno di denaro. Per ottenerlo
torchiò le comunità ebraiche renane, che vivevano in pace dai tempi di Carlo
Magno ed erano pervenute all’agiatezza. Per fare pressione su di esse mise in
giro la voce che a Rouen la comunità ebraica era già stata massacrata per non
aver voluto pagare; nel caso anche loro si fossero rifiutati di versare il
denaro sarebbero andati incontro al medesimo destino. Gli ebrei pagarono. Ben
presto Pietro ebbe degli imitatori che organizzarono altre <>. Gli ebrei si credevano al sicuro avendo già versato la loro tangente
a Pietro di Amiens, ma nelle settimane seguenti divennero vittime di veri e
propri pogrom. Il fanatismo suscitato dal pensiero delle crociate era
oramai diventato una forza autonoma e neanche l’interveto delle autorità
ecclesiali potevano più fermare i massacri e i saccheggi. L’idea della guerra
in nome di Dio era stata distorta prima ancora che quella banda di
poveracci deboli e male organizzati lasciasse il suolo patrio. La crociata dei
pezzenti non avrebbe mai raggiunto la sua meta. Quando, nell’ottobre del
1096, quella banda di disperati giunse a Costantinopoli, l’imperatore
Alessio Comneno li fece condurre immediatamente dall’altra parte del Bosforo,
temendo assalti e razzie. Là si scontrarono coni Seleucidi e vennero sconfitti
sanguinosamente. Al massacro scamparono solo 3.000 uomini che si unirono poi
alla crociata ufficiale.
Si arrivò
poi al massacro di Gerusalemme, vero?
Sì. Quando infine i cavalieri crociati,
il 15 luglio 1099, presero Gerusalemme dopo un assedio durato cinque
mesi, fecero anch’essi un bagno di sangue, come d'altronde accadeva nel
Medioevo nelle varie conquiste di città. Una serie di storici ritiene che il
linguaggio drastico utilizzato nei vari racconti sia stata una scelta
consapevole per dare risalto al carattere apocalittico dell’avvenimento
paragonato quasi alla fine del mondo; infatti un cronista riferì che <<…bisognava
farsi strada tra cadaveri di uomini e animali; nel Tempio di Salomone e nel
portico regio i soldati cavalcavano immersi nel sangue fino alle ginocchia e
all’imbrigliatura…>>. Già dal punto di vista biologico è impossibile
che il lago di sangue arrivasse alle ginocchia, così come descritto dal
cronista. Anche il numero delle vittime fu esagerato, specialmente dagli arabi.
Le loro fonti parlano di 70.000 (per esempio Ibn al-Jawzi) o
addirittura 100.000 (Ibn Taghribirdi), mentre oggi si sa che
all’epoca delle crociate Gerusalemme raggiungeva al massimo i 10.000 abitanti.
Le fonti sostengono che tutti gli ebrei morirono nell’incendio di una sinagoga
a cui era stato appiccato il fuoco, ma negli archivi della sinagoga del Cairo
sono registrati i nomi di numerosi ebrei gerosolimitani emigrati in Egitto dopo
la conquista cristiana di Gerusalemme. In realtà gli assedianti, prima
dell’assalto, avevano permesso a migliaia di cristiani, ebrei e musulmani di
lasciare la città; era rimasto solo chi voleva continuare volontariamente a
difenderla.
Quanto
durò il successo?
Fu di breve durata. La sovranità
cristiana su Gerusalemme ebbe termine solo 88 anni dopo, in seguito alla
sconfitta subita dall’esercito crociato ad opera del Saladino.
Nel 1291 cadde San Giovanni d’Acri, l’ultimo bastione dei
cavalieri cristiani in Outremer, come erano chiamati, dal
francese Oltremare, i territori crociati in Siria e Palestina. Nessuna
delle sette crociate organizzate per liberare i Luoghi Santi e garantirne la
sicurezza ebbe più lo stesso successo della prima.
Per i
musulmani Gerusalemme è la terza città santa dopo la Mecca e Medina
perché Maometto una volta sognò di aver visitato il monte del Tempio su un cavallo
celeste. Ancora oggi a prova del viaggio notturno del Profeta viene
mostrata un’impronta di zoccolo nella roccia sotto la cupola d’oro della moschea
della Roccia. I Musulmani non hanno mai perdonato ai cristiani che il loro
<<nobile recinto sacro>> (al- Haram ash-Sharif)
restasse per un secolo nelle mani degli <<infedeli>>. Eppure
in quel periodo non furono sottomessi. Nei regni crociati poterono praticare
liberamente e senza costrizioni la loro religione, possedere terre, costruire
moschee e scuole e andare in pellegrinaggio alla Mecca. Dovevano solo, come i
cristiani nelle loro terre, corrispondere un tributo. Così, il musulmano
spagnolo Ibn Jubayr, che intorno al 1180 fece un viaggio
alla Mecca, passando per l’Outremer, pensò perfino che i suoi fratelli
di fede sotto il dominio dei cristiani vivessero meglio che nei Paesi islamici.
Riferì infatti che le terre, i paesi e le corti erano rimasti in mano ai
musulmani. Molti, paragonando il loro destino a quello dei fratelli nei
territori musulmani, si domandavano perché questi soffrissero per l’ingiustizia
dei loro fratelli di fede mentre i franchi (i crociati) trattavano loro come
dei pari. Un atteggiamento che purtroppo fu ben presto dimenticato nei secoli
seguenti.
Bibliografia.
HESEMANN, M., 2009: “Contro la Chiesa – Miti, leggende nere e
bugie” – San Paolo Edizioni, Capitolo X.
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