Con i clamorosi servizi - inchiesta del Corriere della Sera e di RAI 1 su presunte vessazioni subite dalle Suore Francescane dell'Immacolata ai tempi di Padre Stefano Manelli, l'attacco nei confronti del fondatore dell'ordine ha assunto dimensioni tanto pubbliche quanto distorte dalla realtà dei fatti che per la loro grossolanità e pericolosità forse non tutti potevano immaginarsi come evoluzione di questa triste vicenda interna alla Chiesa Cattolica. Poichè non si sentono ancora salire cori di indignazione, di equivalente risonanza mediatica, contro queste accuse evidentemente montate ad arte, diffondiamo queste considerazioni di Maddalena Capobianco prese dal sito Riscossa Cristiana e invitiamo tutti coloro che abbiano a cuore la verità dei fatti a fare altrettanto.
Considerazioni a margine dei presunti scoop del Corriere.it sulle Suore Francescane dell’Immacolata
di Maddalena Capobianco
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La strategia del demonio per sottomettere le anime al suo potere, più che passare per la ragione, passa attraverso le sensazioni, i sentimenti e le emozioni… il diavolo, diceva la beata Maria Maddalena Martinengo, è come un superbo pittore che pennellata sopra pennellata colora la nostra anima con colori sempre nuovi: queste pennellate non sono altro che le continue sensazioni ed emozioni che ci offre come tentazioni a commettere il male, evitando di far entrare in azione quel gran dono di Dio che è la ragione. La stessa strategia sembra quella degli strumenti di comunicazione: ogni giorno una miriade di notizie, scoperte e scoop sensazionalistici si abbattono sulla nostra anima, per ottunderla con il loro potere inebriante e soggiogarla con la forza della persuasione emotiva. Sembra proprio questo il caso sensazionalistico scoppiato in questi giorni, dopo due video-interviste pubblicate dal sito internet del Corriere (clicca qui e qui), sulle Suore Francescane dell’Immacolata e sul loro fondatore, Padre Stefano Maria Manelli. L’iniquo gioco dei mass media e del giornalismo è evidente in questo orrendo “sbatti il mostro in prima pagina”, privo di qualsiasi verifica oggettiva dei fatti, che coinvolge peraltro un istituto religioso composto da circa 400 giovani religiose, che si sono viste improvvisamente trattate come fanatiche, plagiate e addirittura prostitute. Coloro che, come la giornalista Amalia de Simone, sembrano tanto rispettosi dei diritti civili, non credono sia opportuno tutelare il diritto alla riservatezza e alla dignità di queste giovani religiose e delle loro famiglie, anziché lasciarsi andare a scoop su fatti non verificati e sotto inchiesta?
Proviamo dunque, per non fare il gioco sensazionalistico del demonio, a esaminare i fatti alla luce della ragione e con la conoscenza dei principi della religione cattolica e della vita religiosa, che la de Simone sembra ignorare (così da commettere stupendi strafalcioni) anziché con i sistemi approssimativi del giornalismo d’inchiesta.
1) Ci sarebbe da domandarsi come mai una ex-suora, uscita dall’istituto delle Suore Francescane dell’Immacolata da parecchi anni, solo oggi decida di vuotare il sacco. Dice di farlo per amore per quelle consorelle che vede ancora “prigioniere” nei Lager-convento delle Suore dell’Immacolata. Non avrebbe allora potuto farlo subito, se questa è la vera ragione che la spingeva a farlo? Non avrebbe subito dovuto sporgere denuncia alle legittime autorità anziché aspettare così tanti anni? Non è che qualcuno abbia ben ben soffiato sul fuoco al momento giusto (forse con qualche mezzo ulteriore)? Non è che magari quegli stessi che hanno già distrutto dall’interno il ramo maschile dell’istituto ora si sfogano sulle suore, ree di non aver seguito il tracollo dei Frati e di voler rimanere fedeli al loro carisma?
2) La questione del documento di sangue, spacciato come una promessa di sangue al fondatore, ha poi del ridicolo. Innanzitutto a chi abbia la minima conoscenza di vita religiosa appare chiaro come quella formula scritta sul retro dell’immagine religiosa sia la formula di professione di voti (cioè dei voti di obbedienza, povertà e castità) alla Chiesa, e non al fondatore: ciò non è un’esclusiva torbida e misteriosa delle Suore Francescane dell’Immacolata e nemmeno, come maliziosamente dice la de Simone, un rito mafioso, bensì ciò che praticano tutte le religiose in tutto il mondo! Né si tratta di una formula dettata da padre Manelli, bensì della formula prescritta dalle Costituzioni dell’istituto religioso, approvate dalla Chiesa. A conferma di ciò in basso compare la formula con cui chi è autorizzato a farlo, in questo caso padre Manelli, accetta i voti religiosi in nome della Chiesa: “E io in nome della Chiesa e dell’Istituto ricevo i tuoi voti e se osserverai tutte queste cose ti prometto, da parte di Dio, la vita eterna”. Mente e annebbia la verità quindi l’ex suora quando presenta questa come un voto di obbedienza alla persona del fondatore, anziché ammettere che sia semplicemente la formula di professione religiosa con cui si era consacrata a Dio.
3) E’ peraltro stupido poi mascherare la voce e la faccia dell’ex-suora se poi si mostra chiaramente la sua firma col nome religioso, perché in tal modo chiunque l’abbia conosciuta da suora può sapere chi è!
4) Il fatto che sia scritto con il sangue (se così è realmente) poi non dimostra nulla: il siglare col sangue una promessa può significare icasticamente l’impegno totale con cui la si vuole vivere e la volontà di perseverarvi sino alla fine, sino alla morte e persino a quello che ogni cristiano dovrebbe proporsi come traguardo, il martirio per Cristo. Se dunque tale segno esteriore vuole rappresentare questa realtà interiore non troviamo nulla di male in questo uso, certo per noi un po’ strano e “barocco”, ma che ricorda il voto di sangue all’Immacolata con cui molti uomini, e persino dei santi, promisero tra il ‘500 e l’ ‘800 di voler difendere l’Immacolato Concepimento di Maria, prima che questo venisse proclamato dogmaticamente. Non pare peraltro una pratica particolarmente sadica e dolorosa e, se l’ex-suora lo ha fatto volontariamente e liberamente (e il contrario sarebbe da dimostrare) non ci pare ci sia nulla di scandaloso: molto più doloroso e sadico altrimenti dovrebbe essere un’iniezione all’ospedale o un tatuaggio. Se poi l’ex-suora vuole raccontarci che da 22 anni porta sul dito il segno di una puntura di ago, sinceramente ci sarebbe dubitare della buona fede o della salute mentale di questa. Se infatti potessimo credere a questo sarebbe la nostra salute mentale a essere problematica!
5) Chi entra in un ordine religioso vi deve entrare liberamente ma, una volta che ha deciso liberamente di entrarvi, deve vivere quella forma di vita che ha abbracciato. Tra gli aspetti che ogni vita religiosa comporta, e quella francescana in particolare, vi è quello della penitenza. Chi vuole vivere da religioso è tenuto più degli altri a seguire le parole di Cristo e le sue prime parole, così come registrate nel Vangelo, sono: “Convertitevi e fate penitenza” (Mc 1, 15). Dato che l’uomo è fatto di anima e di corpo, non basta mortificare la propria parte spirituale ma si devono praticare anche forme di penitenza corporale: la Chiesa, con il digiuno prescritto e obbligatorio, ci impone delle forme di penitenza corporale. Nella tradizione religiosa, e soprattutto in quella francescana (l’ordine dei penitenti), la penitenza corporale ha assunto anche aspetti forse poco digeribili per la moderna mentalità edonistica, come l’uso del cilizio, la flagellazione, ecc. Tali pratiche penitenziali non sono un orrido rimasuglio medievale, ma un perenne tesoro a cui quasi tutti i santi hanno attinto, persino quelli apparentemente più delicati e spirituali. Scrive il beato Tommaso da Celano su san Francesco: “soggiogava il suo corpo, assolutamente innocente, con flagelli e privazioni e gli moltiplicava le percosse senza motivo. Infatti il calore dello spirito aveva talmente affinato il corpo, che come l’anima aveva sete di Dio, così ne era sitibonda in molteplici modi anche la sua carne santissima” (2 Cel, 129; FF 713). San Massimiliano Maria Kolbe poi mise tra i punti fondamentali della riforma del francescanesimo quello di reintrodurre la pratica obbligatoria della disciplina, ovvero della flagellazione, per la santificazione personale e per la salvezza delle anime. Niente di spaventoso dunque, niente di straordinario, ma ciò che i religiosi hanno sempre fatto e ciò che lo stesso Concilio Vaticano II raccomanda. Certo ciò che è normale in un convento, trascinato fuori dal silenzio dei chiostri per essere esposto al ludibrio delle telecamere di una giornalista d’inchiesta digiuna di cattolicesimo diventa “scandalo e stoltezza”, lo stesso scandalo e stoltezza di Gesù Crocifisso (1Cor 1, 23). Solo attraverso lo scandalo e la stoltezza della Croce però Gesù ha salvato tutti gli uomini… persino la giornalista d’inchiesta e l’ex-suora.
6) L’altra ex-suora, coadiuvata dalle maliziose domande della giornalista, tenta di presentare padre Stefano Maria Manelli e l’intero ordine dei Francescani dell’Immacolata come dei fanatici masochisti, intenti a trovare e sperimentare nuove sofferenze. In particolare l’ex-suora sembra voler sottolineare la follia di accostare tali pratiche masochiste all’amore per Dio e per Nostro Signore. In realtà è lo stesso Magistero pontificio a ricordarci che tutte le pratiche penitenziali “hanno come termine l’amore”, come dice la Paenitemini di Paolo VI, e vanno fatte quindi non come una sfida alla propria resistenza fisica o come una prova di resistenza stoica al dolore, bensì con amore e per amore, l’amore di Dio e l’amore delle anime. Come diceva Santa Angela da Foligno la via direttissima è quella “di amare e soffrire per amore”. L’ex-suora invece dipinge a tinte fosche, con i toni di un romanzo gotico dell’800, quella che è la realtà luminosa della vita immolata e dedicata a Dio, offendendo la scelta di molte consorelle di continuare a vivere nell’istituto ed essere felici in esso, nonostante tutti i sacrifici umani che comporta tale scelta.
7) Peraltro il nerbo della questione è questo: decidendo liberamente di vivere nell’istituto le suore accettano anche le pratiche penitenziali stabilite, sul cui significato vengono debitamente istruite. Penitenze ulteriori sono da loro liberamente decise. Quindi la questione è: l’ex-suora è stata costretta oppure ha fatto liberamente tali penitenze? Se le ha scelte liberamente – il contrario sarebbe strano e tutto da dimostrare – perché ora se ne lamenta? Purtroppo a volte sembra che dietro a queste parole si nasconda il risentimento determinato dal proprio personale fallimento: dopo aver liberamente vergato col sangue la propria consacrazione a Dio ed essersi liberamente marchiata il cristogramma sul petto, si è tornati indietro! Purtroppo…
8) In ultima analisi – con le poche e laconiche parole che meritano tali insinuazioni – le accuse più pesanti riguardano i presunti casi di abusi sessuali, fino all’istigazione alla prostituzione. Riflettiamo un attimo: una ragazza vuole consacrare a Dio la propria verginità e sceglie un istituto religioso nel quale vivere la sua sponsalità con Cristo. Ora, anziché preservare la loro castità, le superiore e il fondatore mandano queste spose di Cristo a concedersi liberamente alla libidine di un benefattore, pronto a versare molti soldi. Attenzione bene… soldi di cui queste molte ragazze (come dice l’ex-suora) non vedranno nemmeno l’ombra, in quanto per sua stessa ammissione, l’ex-suora afferma che queste fanno una vitaccia e mangiano cibo scaduto. Ma vi sembra razionalmente possibile tutto ciò? Nemmeno una prostituta di professione accetterebbe tali condizioni, figuriamoci una ragazza, magari proveniente da famiglia abbiente, educata ai principi cattolici. Peraltro poi è credibile che di tutte queste suore dedite ad una moderna forma di ierodulia solo una, dopo 15 anni circa, si sia ribellata al sistema iniquo… E questi soldi che fine farebbero: padre Stefano ha sempre vissuto in convento, assimilandosi in tutto alla vita dei confratelli, e tutt’oggi vive, ospite, in una cella di forse 5 metri quadrati! Dunque è pensabile che per sostenere le missioni e l’apostolato che le fa faticare molto, le stesse suore andrebbero a prostituirsi dai benefattori?
In conclusione il servizio sembra fatto apposta per accreditare tali inique accuse e ad arte sembra essere anche la domanda fatta al difensore legale di padre Stefano (o il taglio ad arte della sua intervista), Enrico Tuccillo: anziché rispondere alle accuse più abiette, l’esperto legale napoletano parla dell’ispirazione religiosa di padre Stefano, che non c’entra nulla col resto del servizio, e di un aspetto marginale, rispetto al resto delle accuse, come quello dei beni dell’istituto.
Ma siamo proprio sicuri che la questione dei beni sia solo un aspetto marginale?
Guarda caso i servizi sono usciti alla vigilia e il giorno stesso in cui ci sarebbe dovuta essere una sentenza che avrebbe stabilito, secondo le richieste di qualcuno…, un nuovo sequestro di beni. Così, però non è stato… grazie a Dio. Tutto chiaro.
Maddalena Capobianco
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