lunedì 4 settembre 2017

La Massoneria negli «Acta» del Concilio Ecumenico Vaticano II

P. Paolo M. Siano

La Massoneria negli «Acta» del Concilio Ecumenico Vaticano II

Negli «Acta» del Concilio Ecumenico Vaticano II (Acta et Documenta ed Acta Synodalia) si parla di Massoneria, ma non sempre nella stessa direzione. Ecco, in sintesi, alcuni dati sull’argomento[1].

Nel testo «Doctrinae capita» della Commissione Antepreparatoria (1961) del Concilio, nel capitolo «De erroribus damnandis» (gli errori da condannare) leggiamo al n° 31 (grassetto mio):
«Condemnamus omnem persecutionem contra Iudaeos propter eorum religionem vel ob rationes ethnicas; attamen non possumus oblivisci facta praeterita et affirmationes claras ludaismi Internationalis: duces huius Iudaismi a saeculis conspirant contra nomen catholicum modo methodico et odio immortali. Ad hoc serviunt Secta Massonica et communismus»[2].

Tra i «De erroribus damnandis», al n° 58 c’è la Massoneria. In quel numero la Commissione Antepreparatoria riassume in 6 punti le proposte dei Vescovi e la documentazione riguardante la «Secta»[3]

1)     Condannare la «Secta» dei Massoni (così chiedono circa 46 Prelati).

2) Il canone 2335 (del Diritto Canonico promulgato nel 1917) non distingue tra i Massoni che aderiscono davvero alla Setta e quelli spinti invece da motivi economici (così afferma Mons. Dantas, Vescovo di Garanhuns, Brasile).

3) La pena del can. 2335 sia solo per gli adepti pertinaci, non per quelli che entrano in Massoneria per ignoranza, per curiosità o per necessità lavorative o familiari (così propone Mons. Ahumada, Vescovo di Tampico, Messico).

4) Ci sia un solo di modo di agire verso la Setta massonica (così propone Mons. Costa, Vescovo di Caetité, Brasile).

5) L’«Ordo Massonicus» si oppone assolutamente all’«Ordini Catholico», attesta Mons. Gerardo Proença Sigaud (Vescovo di Jacarezinho, Brasile) il quale lamenta che nella Chiesa c’è ignoranza (molti Prelati non vedono, ignorano...), anzi sembra che ci sia «tregua» nei confronti della Massoneria la quale invece è molto potente e costituisce per la Chiesa un pericolo attualissimo  («Periculum est actualissimum»)[4].

6) Commutare la pena canonica ai Massoni o rivedere lo status quaestionis (così propone Mons. Alberto Gaudencio Ramos, Arcivescovo di Belem do Parà, Brasile).

Nel testo «De Laicis» della Commissione Antepreparatoria, nel paragrafo «de associationibus suspectis», al n° 11 è scritto:
«Utrum societas “franco-murariorum” in singulis regionibus prohibenda sit an non relinquatur aestimationi Ordinarii loci»[5]. 

Nel 1959 il Vicario Apostolico dell’Islanda, Mons. Johannes Gunnarsson aveva chiesto che agli Ordinari del luogo venisse data facoltà di proibire o no ai loro fedeli l’adesione alla Massoneria[6]. Chiedeva praticamente di “scavalcare” il can. 2335 che invece comminava ipso facto la scomunica (latae sententiae) ai cattolici che aderivano alla Massoneria, cioè nell’atto stesso della loro adesione o iniziazione.

Altro piccolo passo pro-massonico: nel testo definitivo approvato in Sessione Generale tra l’11 e il 16 dicembre 1961, la Commissio de Disciplina Cleri et Populi Christiani propone che la scomunica latae sententiae prevista dal can. 2335 (ai cattolici che aderiscono alla Massoneria) sia commutata in una pena ferendae sententiae  riservata all’Ordinario[7].


Segnalo un episodio interessante. Il 16 giugno 1962, nella discussione sul Sacramento della Penitenza, il Card. Alfredo Ottaviani si lamenta di quanto si dice di negativo sul conto della Congregazione del Sant’Ufficio di cui è Segretario.  Ottaviani (forse in tono un po’ stizzoso e un po’ ironico) afferma che a giudicare da certe critiche, lui viene visto quasi come una forma di «massoneria», al che egli osserva che se il Sant’Ufficio fosse «massoneria», allora il «primus massonis» sarebbe il Sommo Pontefice (che all’epoca ne era il Prefetto) e massoni sarebbero i Cardinali e Consultori del Sant’Ufficio. Ottaviani spiega che se si dà un significato «ordinario» al termine «maçon» (cioè, muratore, costruttore) allora in tal caso egli si riconosce “massone” nel senso che opera alla riedificazione della Chiesa:
«sumus massones quia laboramus omnes pro aedificatione edificii Sanctae Matris Ecclesiae et pro reparatione eorum quae in ipso aedificio reparanda sunt, quia est semper societas humana»[8].

E passiamo al Concilio. Il 6 dicembre 1962,  durante la 35a Congregazione Generale del Concilio Vaticano II, Mons. Sergio Mendez Arceo, Vescovo di Cuernavaca (Messico) tratta del tema Massoneria. Mons. Mendez Arceo afferma che i ministri di culto e i cristiani non cattolici che appartengono alla Massoneria, se venissero meglio conosciuti e amati dalla Chiesa Cattolica, potrebbero essere un valido strumento per eliminare dalla stessa Massoneria qualsiasi  carattere anticristiano e anticattolico... Mendez Arceo auspica la riconciliazione tra Chiesa e Massoneria[9].

            Nel commento sullo schema “De Ecclesia”, l’Arcivescovo di Taranto Mons. Guglielmo Motolese afferma, senza mezze misure, che materialismo marxista, laicismo e «massoneria» sono errori «perniciosissimi» che aggrediscono da ogni parte le anime dei fedeli[10].

            Il 20 novembre 1963, alla 71a Congregazione Generale, ancora Mons. Mendez Arceo afferma che nella Massoneria ci sono non pochi anticristiani, ma ci sono moltissimi cristiani che aderiscono al Dio rivelato (biblico) e che non cospirano contro la Chiesa né contro l’autorità civile. Secondo il presule messicano tra questi massoni cristiani ci sono coloro che desiderano le parole della Chiesa...[11]

            Il 28 settembre 1964, alla 89a Congregazione Generale, il Card. Ernesto Ruffini attacca la Massoneria definendola setta pericolosa, ma il giorno dopo, alla 90a Congregazione Generale, ancora Mendez Arceo ribadisce la sua posizione irenica e amichevole verso la Massoneria e ciò gli ottiene manifestazioni di plauso da massoni di tutto il mondo[12].
            L’intervento antimassonico del Card. Ruffini non mi sembra molto incisivo, forse anche perché tira in ballo gli Ebrei collegandoli alla «Secta»[13]; purtroppo la linea di Mendez Arceo ha buon gioco in quel clima conciliante e ancor più nel post-concilio.

            Il 20 settembre 1965, alla 131a Congregazione Generale, l’Arcivescovo Mons. Marcel Lefebvre, Superiore Generale degli Spiritani, cerca di far capire ai Padri conciliari che sul tema della libertà religiosa è in atto una strumentalizzazione massonica del Concilio («Concilium nostrum») come si rinviene appunto dal recente libro del massone Yves Marsaudon, “L’Œcuménisme vu par un Franc-Maçon de Tradition”, che Mons. Lefebvre cita nel suo intervento[14]. È proprio in quel libro delle Editions Vitiano che Marsaudon 33° definisce l’atteggiamento filo-massonico di Mons. Mendez Arceo come un segno dei tempi...[15]


Conclusioni.
Durante la fase antepreparatoria e lo svolgimento del Concilio, per quanto riguarda il tema Massoneria, possiamo riscontrare all’interno della gerarchia ecclesiastica almeno le seguenti posizioni nei confronti della «Secta Massonica»:

1a) una posizione antimassonica intransigente, in perfetta sintonia con il can. 2335 (es.: Ruffini, Sigaud, Lefebvre);

2a) una posizione antimassonica un po’ più “mite” che propone di limitare la censura del can. 2335 solo a quei massoni pertinaci, ossia a quelli che aderiscono alla Massoneria non per necessità economiche ma perché convinti dei princìpi massonici;

3a) una posizione antimassonica molto più blanda, che propone di trasformare la pena latae sententiae del can. 2335 in pena ferendae sententiae riservata alle autorità ecclesiastiche locali... Una tale linea decentralizzante potrebbe portare al paradosso di vedere l’appartenenza massonica vietata in una diocesi e permessa in un’altra diocesi magari anche confinante...

4a) una posizione apertamente morbida, conciliante, irenica, sostenuta chiaramente da alcuni Vescovi “di periferia” (troppo buoni, troppo ingenui, oppure agenti di strategie occulte?);

5a) una posizione “neutrale”, “silenziosa” (incline alla 4a ?).

Quel che è certo, è che ai massoni di ieri e di oggi non piace la 1a posizione...

Purtroppo è la posizione di Mons. Mendez Arceo (la 4a sopraindicata) a rivelarsi molto forte subito dopo il Concilio, specialmente nel periodo che va all’incirca dal 1965 al 1983, quando vari ecclesiastici europei e americani manifestano, da un lato, irenismo cordiale verso la Massoneria, dall’altro, contestazione palese o strisciante verso la Humanae vitae di Paolo VI e verso altri punti dottrinali.

Il 25 gennaio 1983 viene promulgato il nuovo Codice di Diritto Canonico in cui scompaiono il can. 2335 del Codice precedente e qualsiasi riferimento esplicito alla Massoneria. Il nuovo Codice entra in vigore il 27 novembre 1983, ma il giorno prima (26 novembre), la Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), presieduta dal Card. Ratzinger, pubblica una dichiarazione con cui boccia di fatto la linea sostenuta in Concilio da Mons. Mendez Arceo. Pertanto: rimane immutato il giudizio negativo della Chiesa su tutte le associazioni massoniche; i cattolici iscritti ad associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla S. Comunione; alle autorità ecclesiastiche locali non compete esprimersi sulle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto stabilito da quella dichiarazione della CDF [16].

Qualcuno potrebbe pensare che la partita è chiusa. Si sbaglia di grosso. Da quel novembre 1983 i Massoni e i loro alleati ecclesiastici non si sono arresi e proseguono tuttora nei loro comuni progetti...



[1] In questo mio articolo, nei limiti di circa 11.000 battute, seguo come testo base alcune pagine della relazione del Prof. P. Zbigniew Suchecki OFMConv., Massoneria e Diritto Canonico, tenuta a Modena l’8 febbraio 2014 (http://www.centroculturaleilfaro.it/files/Suchecki---Relazione-Chiesa-e-massoneria--Modena-2014-_57845870.pdf , pp. 13-14), a cui aggiungo altri dati da me rinvenuti e riflessioni personali.
[2] Acta et Documenta Concilio Oecumenico Vaticano II Apparando, Series I (Antepraeparatoria), Appendix Vol. II, Pars 1, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961, p. 212 (sigla: AD). Citerò gli Acta indicando: sigla, numero di serie, volume, parte, anno di pubblicazione, numero di pagina.
[3] Cf. AD, I, Appendix II/1, pp. 228-229.
[4] Cit. da Suchecki, p. 13, nota 66.
[5] AD, I, Appendix II/1, p. 794.
[6] Cf. AD, I-II/2, 1960, p. 528.
[7] Cf. AD, II-III/1, 1969, pp. 413-415.
[8] AD, Series II, Vol. II, Acta Pontificiae Commissionis Centralis Preparatoriae Concilii Oecumenici Vaticani II, Pars 2, Typis Polyglottis Vaticanis, 1967, p. 129.
[9] Cf. Acta Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani Secundi, Vol. I, pars. 4, Typis Polyglottis Vaticanis, 1971, p. 341 (sigla: AS). Citerò l’opera indicando: sigla, volume, parte, anno di pubblicazione, numero di pagina.
[10] Cf. AS, I/4, p. 535.
[11] Cf. AS, II/5, 1973, pp. 617-618.
[12] Cf. J. A. Ferrer Benimeli – G. CaprileMassoneria e Chiesa Cattolica, ieri oggi e domani, Ed. Paoline, Roma 1979, pp. 87-88, p. 89 nota 65.
[13] Cf. Suchecki, p. 14 nota 69.
[14] Cf. AS, IV/1, 1976, p. 410.
[15] Cf. Y. Marsaudon, L’Œcuménisme vu par un Franc-Maçon de Tradition, Editions Vitiano, Paris 1964, p. 25.
[16] Cf. Acta Apostolicae Sedis 76 (1984), p. 300.