P.
Paolo M. Siano
La Massoneria negli «Acta» del Concilio Ecumenico Vaticano II
Negli «Acta»
del Concilio Ecumenico Vaticano II (Acta
et Documenta ed Acta Synodalia) si
parla di Massoneria, ma non sempre nella stessa direzione. Ecco, in sintesi,
alcuni dati sull’argomento[1].
Nel testo «Doctrinae capita» della
Commissione Antepreparatoria (1961)
del Concilio, nel capitolo «De erroribus damnandis» (gli errori da condannare)
leggiamo al n° 31 (grassetto mio):
«Condemnamus omnem persecutionem contra Iudaeos propter eorum
religionem vel ob rationes ethnicas; attamen non possumus oblivisci facta
praeterita et affirmationes claras ludaismi Internationalis: duces huius
Iudaismi a saeculis conspirant contra nomen catholicum modo methodico et odio
immortali. Ad hoc serviunt Secta
Massonica et communismus»[2].
Tra i «De erroribus damnandis», al n° 58 c’è
la Massoneria. In quel numero la Commissione Antepreparatoria riassume in 6
punti le proposte dei Vescovi e la documentazione riguardante la «Secta»[3]
:
1)
Condannare la
«Secta» dei Massoni (così chiedono circa
46 Prelati).
2) Il
canone 2335 (del Diritto Canonico promulgato nel 1917) non distingue tra i Massoni che aderiscono davvero alla Setta e quelli
spinti invece da motivi economici (così afferma Mons. Dantas, Vescovo di
Garanhuns, Brasile).
3) La
pena del can. 2335 sia solo per gli adepti pertinaci, non per quelli che
entrano in Massoneria per ignoranza, per curiosità o per necessità lavorative o
familiari (così propone Mons. Ahumada, Vescovo di Tampico, Messico).
4) Ci
sia un solo di modo di agire verso la Setta massonica (così propone Mons.
Costa, Vescovo di Caetité, Brasile).
5) L’«Ordo Massonicus» si oppone assolutamente all’«Ordini Catholico», attesta Mons.
Gerardo Proença Sigaud (Vescovo di Jacarezinho, Brasile) il quale lamenta che nella Chiesa c’è ignoranza (molti Prelati
non vedono, ignorano...), anzi sembra che ci sia «tregua» nei confronti della Massoneria la quale
invece è molto potente e costituisce per la Chiesa un pericolo
attualissimo («Periculum est actualissimum»)[4].
6) Commutare
la pena canonica ai Massoni o rivedere lo status quaestionis (così propone Mons.
Alberto Gaudencio Ramos, Arcivescovo di Belem do Parà, Brasile).
Nel testo «De Laicis» della Commissione
Antepreparatoria, nel paragrafo «de associationibus suspectis», al n° 11 è
scritto:
«Utrum
societas “franco-murariorum” in singulis regionibus prohibenda sit an non
relinquatur aestimationi Ordinarii loci»[5].
Nel 1959 il
Vicario Apostolico dell’Islanda, Mons. Johannes Gunnarsson aveva chiesto che agli
Ordinari del luogo venisse data facoltà di proibire o no ai loro fedeli l’adesione
alla Massoneria[6].
Chiedeva praticamente di “scavalcare” il can. 2335 che invece comminava ipso facto
la scomunica (latae sententiae) ai
cattolici che aderivano alla Massoneria, cioè nell’atto stesso della loro
adesione o iniziazione.
Altro piccolo passo pro-massonico:
nel testo definitivo approvato in Sessione Generale tra l’11 e il 16 dicembre 1961, la Commissio de Disciplina Cleri et
Populi Christiani propone che la scomunica latae sententiae prevista dal can. 2335 (ai cattolici che
aderiscono alla Massoneria) sia commutata in una pena ferendae sententiae riservata
all’Ordinario[7].
Segnalo un episodio interessante. Il 16
giugno 1962, nella discussione sul
Sacramento della Penitenza, il Card. Alfredo Ottaviani si lamenta di quanto si dice di negativo sul conto della
Congregazione del Sant’Ufficio di cui è Segretario. Ottaviani (forse in tono un po’ stizzoso e un
po’ ironico) afferma che a giudicare da
certe critiche, lui viene visto quasi come una forma di «massoneria», al
che egli osserva che se il Sant’Ufficio
fosse «massoneria», allora il
«primus massonis» sarebbe il Sommo
Pontefice (che all’epoca ne era il Prefetto) e massoni sarebbero i Cardinali e Consultori del Sant’Ufficio.
Ottaviani spiega che se si dà un
significato «ordinario» al termine
«maçon» (cioè, muratore, costruttore)
allora in tal caso egli si riconosce
“massone” nel senso che opera alla riedificazione della Chiesa:
«sumus massones quia laboramus omnes pro
aedificatione edificii Sanctae Matris Ecclesiae et pro reparatione eorum quae
in ipso aedificio reparanda sunt, quia est semper societas humana»[8].
E passiamo al Concilio. Il 6 dicembre 1962,
durante la 35a Congregazione Generale del Concilio Vaticano
II, Mons. Sergio Mendez Arceo,
Vescovo di Cuernavaca (Messico) tratta del tema Massoneria. Mons. Mendez Arceo afferma che i ministri di culto e i cristiani non cattolici che appartengono alla
Massoneria, se venissero meglio conosciuti e amati dalla Chiesa Cattolica,
potrebbero essere un valido strumento per eliminare dalla stessa Massoneria
qualsiasi carattere anticristiano e
anticattolico... Mendez Arceo auspica la riconciliazione tra Chiesa e
Massoneria[9].
Nel commento sullo
schema “De Ecclesia”, l’Arcivescovo
di Taranto Mons. Guglielmo Motolese
afferma, senza mezze misure, che materialismo marxista, laicismo e «massoneria»
sono errori «perniciosissimi» che aggrediscono da ogni parte le anime dei
fedeli[10].
Il 20 novembre 1963, alla 71a Congregazione
Generale, ancora Mons. Mendez Arceo
afferma che nella Massoneria ci sono non
pochi anticristiani, ma ci sono moltissimi cristiani che aderiscono al Dio
rivelato (biblico) e che non cospirano contro la Chiesa né contro l’autorità
civile. Secondo il presule messicano tra
questi massoni cristiani ci sono coloro che desiderano le parole della Chiesa...[11]
Il 28 settembre 1964, alla 89a Congregazione
Generale, il Card. Ernesto Ruffini attacca
la Massoneria definendola setta
pericolosa, ma il giorno dopo, alla 90a Congregazione Generale,
ancora Mendez Arceo ribadisce la sua
posizione irenica e amichevole verso la Massoneria e ciò gli ottiene manifestazioni
di plauso da massoni di tutto il mondo[12].
L’intervento antimassonico
del Card. Ruffini non mi sembra molto incisivo, forse anche perché tira in
ballo gli Ebrei collegandoli alla «Secta»[13];
purtroppo la linea di Mendez Arceo ha buon gioco in quel clima conciliante e ancor
più nel post-concilio.
Il 20 settembre 1965, alla 131a
Congregazione Generale, l’Arcivescovo Mons. Marcel Lefebvre, Superiore Generale degli Spiritani, cerca di far capire ai
Padri conciliari che sul tema della libertà religiosa è in atto una strumentalizzazione massonica del Concilio
(«Concilium nostrum») come si rinviene appunto
dal recente libro del massone Yves Marsaudon, “L’Œcuménisme vu par un Franc-Maçon de Tradition”, che Mons.
Lefebvre cita nel suo intervento[14].
È proprio in quel libro delle Editions
Vitiano che Marsaudon 33° definisce l’atteggiamento filo-massonico di Mons.
Mendez Arceo come un segno dei tempi...[15]
Conclusioni.
Durante la fase antepreparatoria e lo
svolgimento del Concilio, per quanto riguarda il tema Massoneria, possiamo riscontrare all’interno della gerarchia
ecclesiastica almeno le seguenti posizioni nei confronti della «Secta
Massonica»:
1a) una posizione antimassonica intransigente, in perfetta sintonia con
il can. 2335 (es.: Ruffini, Sigaud, Lefebvre);
2a) una posizione antimassonica un po’ più “mite” che propone di limitare
la censura del can. 2335 solo a quei massoni pertinaci, ossia a quelli che
aderiscono alla Massoneria non per necessità economiche ma perché convinti dei
princìpi massonici;
3a) una posizione antimassonica molto più blanda, che propone di
trasformare la pena latae sententiae del
can. 2335 in pena ferendae sententiae
riservata alle autorità ecclesiastiche
locali... Una tale linea decentralizzante potrebbe portare al paradosso di
vedere l’appartenenza massonica vietata in una diocesi e permessa in un’altra
diocesi magari anche confinante...
4a) una posizione apertamente morbida, conciliante, irenica, sostenuta chiaramente
da alcuni Vescovi “di periferia” (troppo buoni, troppo ingenui, oppure agenti
di strategie occulte?);
5a) una posizione “neutrale”, “silenziosa” (incline alla 4a ?).
Quel che è certo, è che ai massoni di ieri e
di oggi non piace la 1a posizione...
Purtroppo è la posizione di Mons. Mendez
Arceo (la 4a sopraindicata) a rivelarsi molto forte subito dopo il
Concilio, specialmente nel periodo che va all’incirca dal 1965 al 1983, quando vari
ecclesiastici europei e americani manifestano, da un lato, irenismo cordiale
verso la Massoneria, dall’altro, contestazione palese o strisciante verso la Humanae vitae di Paolo VI e verso altri
punti dottrinali.
Il 25 gennaio 1983 viene promulgato il nuovo Codice di Diritto Canonico in cui scompaiono il can. 2335 del Codice precedente
e qualsiasi riferimento esplicito alla Massoneria. Il nuovo Codice entra in
vigore il 27 novembre 1983, ma il giorno prima (26 novembre), la Congregazione
per la Dottrina della Fede (CDF), presieduta dal Card. Ratzinger, pubblica una dichiarazione con cui boccia di fatto la
linea sostenuta in Concilio da Mons. Mendez Arceo. Pertanto: rimane immutato il giudizio negativo della
Chiesa su tutte le associazioni massoniche; i cattolici iscritti ad
associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere
alla S. Comunione; alle autorità
ecclesiastiche locali non compete esprimersi sulle associazioni massoniche con
un giudizio che implichi deroga a quanto stabilito da quella dichiarazione
della CDF [16].
Qualcuno potrebbe pensare che la partita è
chiusa. Si sbaglia di grosso. Da quel novembre 1983 i Massoni e i loro alleati
ecclesiastici non si sono arresi e proseguono tuttora nei loro comuni progetti...
[1] In questo mio articolo,
nei limiti di circa 11.000 battute, seguo come testo base alcune pagine della
relazione del Prof. P. Zbigniew Suchecki
OFMConv., Massoneria e Diritto Canonico,
tenuta a Modena l’8 febbraio 2014 (http://www.centroculturaleilfaro.it/files/Suchecki---Relazione-Chiesa-e-massoneria--Modena-2014-_57845870.pdf
, pp. 13-14), a cui aggiungo altri dati da me rinvenuti e riflessioni personali.
[2] Acta et
Documenta Concilio Oecumenico Vaticano II Apparando, Series I
(Antepraeparatoria), Appendix Vol. II, Pars 1, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961,
p.
212 (sigla: AD). Citerò gli Acta
indicando: sigla, numero di serie, volume, parte, anno di pubblicazione, numero
di pagina.
[3] Cf. AD, I, Appendix II/1, pp. 228-229.
[4] Cit. da Suchecki,
p. 13, nota 66.
[6] Cf. AD, I-II/2, 1960, p. 528.
[7] Cf. AD, II-III/1, 1969, pp. 413-415.
[8] AD, Series II, Vol. II, Acta Pontificiae Commissionis Centralis Preparatoriae Concilii
Oecumenici Vaticani II, Pars 2, Typis Polyglottis Vaticanis, 1967, p. 129.
[9] Cf. Acta
Synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani Secundi, Vol. I, pars. 4, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1971, p. 341 (sigla: AS). Citerò l’opera indicando: sigla, volume,
parte, anno di pubblicazione, numero di pagina.
[10] Cf. AS, I/4, p.
535.
[11] Cf. AS, II/5, 1973,
pp. 617-618.
[12] Cf. J. A. Ferrer
Benimeli – G. Caprile, Massoneria
e Chiesa Cattolica, ieri oggi e domani, Ed. Paoline, Roma 1979, pp. 87-88,
p. 89 nota 65.
[13] Cf. Suchecki,
p. 14 nota 69.
[14] Cf. AS, IV/1, 1976, p. 410.
[15] Cf. Y. Marsaudon, L’Œcuménisme
vu par un Franc-Maçon de Tradition, Editions Vitiano, Paris 1964, p. 25.
[16] Cf. Acta
Apostolicae Sedis 76 (1984), p. 300.
Nessun commento:
Posta un commento