mercoledì 29 ottobre 2014

Attendendo la conferenza: Dialogo sulle Crociate

Siamo tutti in attesa della grande conferenza di Giovedì prossimo che vedrà Mons Negri e Roberto De Mattei parlare delle Crociate.
La serata sarà condotta da un personaggio molto originale o almeno insolito nei nostri ambienti culturali. Abbiamo infatti invitato il professor Tommaso Mantovani, insegnante di storia, filosofia e storia dell'arte a Ferrara, noto in città per essere un appassionato portavoce di battaglie civili, legate soprattutto alla salute ambientale. Siamo sicuri che, con la competenza della sua professione unita all'estrosità che gli è connaturale, potrà soltanto completare e arricchire una serata che si preannuncia ricca di interesse sotto tanti punti di vista.
E per prepararci al l'evento ed entrare pienamente nel tema  vi presentiamo in esclusiva un capitolo di un libro di prossima pubblicazione del nostro Paolo S. intitolato "Dialogo sulle Crociate".



Dialogo Sulle Crociate



Goffredo di Buglione
Ed ora caro cugino siamo giunti al tema più commentato, dove ognuno si erge a vero conoscitore della verità: le Crociate. Anche qui regna sovrano il pregiudizio. La retorica degli islamisti non lascia alcun dubbio sul fatto che le radici dell’attuale conflitto tra mondo islamico ed Occidente risiedano nelle crociate del Medioevo. Il nome ufficiale dell’organizzazione terroristica al-Qaida è <Jihad contro gli ebrei e i crociati>>. Anche in Occidente si è sulla stessa lunghezza d’onda; Michael Baigent e Richard Leigh nel loro tendenzioso bestseller “L’Inquisizione. Persecuzioni, ideologia e potere” le definiscono il prototipo storico dell’imperialismo e del colonialismo occidentale. Oppure ricorderai sicuramente il film “Le crociate” di Ridley Scott in cui dipinse i crociati come fanatici intolleranti ed invece gli arabi come nobili e leali; l’eroe della pellicola è il sultano Saladino, che non solo battè i cavalieri cristiani nel 1187 nella battaglia di Hattin annientandoli, ma (nella realtà, non nel film) assistè con il “volto sorridente”, come ci riferisce il suo cronista Imad ad-Din, alla decapitazione di tutti i cavalieri sopravvissuti. I giudizi sommari dipingendo qualcosa tutto di bianco o di nero non aiutano alla comprensione della storia. Oggi è <> vergognarsi delle crociate, pensando che la <> sia una perversione del messaggio evangelico e naturalmente su questo si deve essere d’accordo, ma occorre non semplificare la trattazione altrimenti si rischia di andare alla deriva rispetto alla verità; si deve anche valutare in che termini la dogmatica cristiana contempla il diritto alla legittima difesa e all’autodifesa. Per comprendere se le crociate erano una guerra offensiva, un atto di aggressione e di intolleranza religiosa o un’assistenza armata alla minoranza cristiana in Terrasanta e una difesa per la sicurezza dei pellegrini a Gerusalemme occorre studiare le fonti storiche. Mi occorre il tuo aiuto Ciro per quest’opera di ricerca, da quando, dopo il 325, per ordine di Costantino il Grande, furono portati alla luce il sepolcro di Cristo e la collina del Golgota, e su questi luoghi fatta erigere una basilica monumentale, la Chiesa della Resurrezione, il santuario più importante della Cristianità, meta perenne di pellegrinaggio; comprendere che Roma e Costantinopoli erano i centri della Chiesa ma Gerusalemme, il cui vescovo venne nominato ben presto patriarca, invece veniva considerata il centro spirituale del mondo cristiano. Vorrei, Ciro, che mi introducessi il profilo storico dell’ultimo profeta per partire con il nostro viaggio nella storia.
Cavaliere Templare
Certo caro Paolo, potrai poi trarre le dovute conseguenze facendo il parallelismo tra la sua di vita e quella del nostro Signore Gesù Cristo. Quello che ti dirò è di facile verifica storica. Nel 610 il mercante quattordicenne Muhammad (Maometto, 570-632) ebbe nel deserto vicino alla Mecca la prima di una serie di visioni che lo persuasero di essere l’ultimo profeta chiamato da Dio. Ricevette da un angelo dei versi che fece scrivere su fogli volanti; furono i suoi seguaci, poi, a raccoglierli e farne un libro profetico, il Qur’an, <>. Per lui le sue visioni completavano la Rivelazione Divina, era l’ultimo profeta di Allah. Di qui cercò di essere riconosciuto tra gli ebrei e i cristiani che allora vivevano nella penisola arabica, ma senza successo. Sai bene Paolo che per gli ebrei la rivelazione termina con la consacrazione del secondo tempio, mentre per i cristiani con la fine dell’epoca apostolica. Il rifiuto maturò in lui la convinzione, durante le sue visioni, che si erano allontanati dalla retta via dell’unico vero Dio e che i loro scritti fossero falsificati; la conversione degli infedeli più ostinati doveva avvenire con la spada.
E dal punto di vista dogmatico Maometto cosa rifiutava del cristianesimo?
La sua critica riguardava in prima linea il dogma della Trinità, che lui considerava solo una forma di politeismo. Per lui Gesù era un grande profeta, credeva perfino nella verginità della Madonna, ma non che fosse figlio di Dio. Negava la crocifissione e la resurrezione, sostenendo nel Qur’an al posto di Gesù era stato crocifissa un’altra persona. Oggi gli studiosi sono convinti che molti contenuti delle sue visioni nascessero dal suo subconscio e dalla sua esperienza girovaga da mercante. Nel VII secolo in Arabia c’erano ancora alcune sette gnostiche, che non credevano alla crocifissione poiché per loro Gesù era un angelo della luce con un corpo solo apparente e quindi non potevano né vivere né morire. Altri, come gli ariani, rifiutavano la Trinità poiché ritenevano che Gesù fosse simile nella sostanza del Padre ma non della stessa sua sostanza. Perfino la prima moglie di Maometto, la ricca e rispettata Khadija, vedova di un mercante e di quindici anni più vecchia di lui, che lo sostenne sempre finanziariamente, sarebbe stata una cristiana eterodossa.
Il Profeta Maometto

Le sue rivelazioni furono subito accolte dai suoi coevi?
Quando Maometto si presentò in pubblico con le sue rivelazioni, nel 614 alla Mecca, incontrò un secco rifiuto. La città si era arricchita grazie ai numerosi pellegrini della Kaaba, un santuario pagano e quindi non c’era nulla che per loro servisse meno del purismo monoteistico. Quei pochi proseliti li fece tra i ceti inferiori, ma quando morì la sua potente moglie protettrice Maometto e i suoi seguaci, i primi musulmani, furono espulsi dalla città della Mecca. Si stabilì, poi, nella città più vicina, Medina, dove raccolse altri seguaci, stringendo perfino un patto con gli ebrei locali. Non appena divenne sufficientemente forte, si mise a capo di un esercito ben addestrato e condusse una campagna contro la Mecca che prese nel 630. Solo chi non si opponeva rimaneva in vita; fece giustiziare pubblicamente una tribù ebraica per aver, a suo parere, rotto il patto stipulato in precedenza. Ora Maometto aveva il potere di ripulire la Kaaba dalle immagini degli idoli e che prontamente fece divenire il luogo più sacro della nuova religione che chiamò islam (<>), chiamando i suoi seguaci musulmani (<>), i quali dovevano pregare cinque volte al giorno nella sua direzione e recarvisi in pellegrinaggio una volta nella vita. Da allora Maometto considerò la guerra in nome di Dio, jihad, un mezzo legittimo per diffondere la sua religione e a chi si rifiutava di accettarla non rimaneva altro che pagare, soggiogati, dei tributi ai musulmani, come puoi leggere nella Sura 9, versetto 29, del Qu’ran. Che con queste parole non avesse in mente solo l’Arabia ma il mondo intero, lo dimostrò nel 632 quando il suo esercito attaccò il confine meridionale dell’impero bizantino e conquistò Aqaba. Mandò un’epistola all’imperatore all’imperatore a Costantinopoli, al re di Persia e al negus dell’Etiopia esortandoli a sottomettersi all’islam. La conduzione di altre <> la lasciò ai suoi seguaci, in quanto lui si ritirò a vita privata con le sue nove mogli, di cui la più giovane e amata, A’isha, l’aveva sposata all’età di dieci anni. Ma due anni dopo morì improvvisamente causando uno shock tra i suoi seguaci, che, inoltre, si aspettavano che venisse trasportato in cielo in anima e corpo, come accadde per Mosè. Prendendo atto di questo, si dedicarono esclusivamente al loro compito principale, ovvero il jihad. Stava terminando il VI secolo ed il mondo islamico si estendeva dal Nordafrica all’Afghanistan, dallo Yemen alla Siria; di quella che era stata la metà orientale dell’impero romano, ai bizantini non rimaneva altro che la Grecia e l’odierna Turchia.
Espansione dell'Islam tra il VI e il XII secolo (fonte http://www.silab.it/)
 Sicuramente la portata di tale espansione inarrestabile, pressoché unica nella storia, comparabile solo alla campagna di Alessandro Magno, gettò l’Europa nel terrore, vero Ciro?
Verissimo Paolo. Nel 711 i musulmani attraversarono lo stretto di Gibilterra ed in un solo anno occuparono l’intera penisola iberica; nel 732 Carlo Martello, il nonno di Carlo Magno, se non li avesse fermati a Poitiers avrebbero probabilmente conquistato anche la Francia; nel frattempo, tra il 717 ed il 718 falliva un assedio di Costantinopoli. Nel 638, quando i musulmani sotto il loro secondo califfo, il successore di Maometto Omar, conquistarono Gerusalemme, i cristiani non opposero resistenza, poiché il <> da versare in quanto non credenti era comunque inferiore alle tasse per l’impero bizantino; inoltre Omar garantì ai cristiani le loro proprietà e le loro chiese. L’aveva detto anche Maometto nel Corano (2, 256):<>.
In questo periodo storico gli arabi erano molto tolleranti. Infatti nella Spagna moresca la minoranza cristiana assunse perfino la lingua e la scrittura araba per i servizi divini. In al-Andalus, la Spagna per gli arabi, la coesistenza pacifica delle due civiltà e delle due religioni portò ad una fioritura straordinaria per il primo Medioevo. Ad esempio, il leggendario califfo Harun ar-Rashid, uomo di grande cultura, nell’801 (secondo altri fonti già nel 797) per dimostrare la sua volontà di pace conferì ufficialmente all’imperatore d’Occidente Carlo Magno la proprietà dei Luoghi Sacri di Gerusalemme, inviandogli una copia delle chiavi della chiesa del Santo Sepolcro. Fatto ancor più straordinario se si considera che Carlo, solo un decennio prima, aveva combattuto i saraceni nella Spagna del Nord e aveva sottratto loro la <>, la Catalogna. Allora Ciro come si addivenne allo scontro con i cristiani?
Nel X secolo in Terrasanta cominciarono ad esserci scontri violenti tra cristiani e musulmani. Nel 966 i bizantini riconquistarono parte della Siria e i musulmani dichiararono il jihad dando sfogo alla rabbia della sconfitta contro i cristiani di Gerusalemme. In quell’occasione appiccarono il fuoco anche al tetto della chiesa della Risurrezione. L’azione repressiva dei musulmani continuò poi con i Fatimidi (dinastia berbera marocchina composta dai discendenti della figlia di Maometto Fatima), che invasero Egitto, Siria e Palestina. Durante la conquista di Gerusalemme ad opera del califfo fatimide Ibn Moy, nel 979, fu scagliato del fuoco contro i portali della chiesa della Resurrezione, la cupola crollò e il patriarca morì tra le fiamme. Fu ricostruita di nuovo alla meglio solo nel 984. Quando fallì miseramente l’attacco all’impero bizantino del califfo fatimide Abu Ali al-Mansur al-Hakim (996-1021), questi si vendicò dell’insuccesso prendendosela con i cristiani del suo regno: espropriate e saccheggiate circa 3000 chiese. Nel 1009 il califfo in uno slancio di forte fanatismo religioso ordinò al governatore di Ramla di distruggere il simbolo del cristianesimo; l’edificio fu raso al suolo fino alle fondamenta ad eccezione di quanto non poteva essere distrutto. Pensa che il Santo Sepolcro stesso, allora ancora integra, avrebbe dovuto essere distrutta a colpi di mazza. Un testimone oculare, il monaco benedettino Ademaro di Gerusalemme raccontò inorridito che, non essendo in grado di spaccare la roccia, vi appiccarono il fuoco; l’incendio fu poi spento con l’acqua fredda e la roccia, resa friabile, spaccata. Solo una parte della grotta sopravvisse in segno di sfida a quella feroce violenza, come anche la panca di pietra su cui un tempo giacque il cadavere del Crocifisso. Quando in Europa si seppe della profanazione dei Luoghi Santi si elevò un grido di orrore ed alcuni ne videro un segno della prossima fine del mondo essendo nel nuovo millennio. Mentre il successore di al-Hakim trattava con l’imperatore di Bisanzio per la ricostruzione della chiesa della Risurrezione (in Occidente chiesa del Santo Sepolcro), in Europa cresceva il malcontento nei confronti del fatto che il Santo Sepolcro fosse alla mercè degli <>. Intanto nel 1050 vennero espulsi da Gerusalemme 300 cristiani e ai pellegrini provenienti dall’Europa fu vietato l’accesso alla chiesa del Santo Sepolcro. Nel 1065 l’arcivescovo di Magonza e i vescovi di Utrecht, Bamberga e Ratisbona intrapresero un pellegrinaggio in Terrasanta e dovettero munirsi di un scorta armata; infatti il cronista Berthold di Reichenau riferì che dovettero sopportare molte angherie da parte degli idolatri e furono perfino costretti ad ingaggiare un combattimento con loro.
Carlo Magno
Quindi mi sembra di aver capito che le strade dei pellegrini non erano più sicure e gli assalti ai pacifici viaggiatori all’ordine del giorno. Ma mi chiedo come il contesto storico in cui si stavano sviluppando queste dinamiche si intrecciavono con l’autorità dell’impero di Costantinopoli.
Vedi Paolo, i Seleucidi, un popolo della steppa proveniente dal territorio dell’odierno Turkmenistan, predecessori dei turchi di oggi, si riversarono dal 1055 in tutto l’Oriente uccidendo, saccheggiando ed incendiando, anche popolazioni musulmane come i persiani, siriani e nel 1077 Gerusalemme. Il loro emiro Atsiz bin Uwaq promise di risparmiare gli abitanti della Città Santa se si fossero consegnati senza combattere, ma quando entrarono dentro le mura uccisero ugualmente 3000 civili musulmani. Dopo aver travolto l’Anatolia, il loro condottiero Kilij Arslan si conferì il titolo di <> avanzando pretese su Costantinopoli; scelse infatti come capitale Nicea, ovvero la città in cui la cristianità tenne il 1° concilio dell’era post-apostolica e situata a meno di 100 Km dall’antica capitale dell’impero, il centro della Chiesa d’Oriente: si sentiva minacciosa la sua vicinanza ora; i <> erano giunti alle mura della città di Costantinopoli. Superando orgoglio e pregiudizi, che a Bisanzio si nutriva contro la Chiesa di Roma, in cui le ferite per lo scisma del 1054 erano ancora vive, l’imperatore Alessio I Comneno (1081-1118), fortemente preoccupato della minaccia seleucida, all’inizio dell’anno 1095 mandò il suo straziante messaggio di aiuto, con una delegazione, al papa Urbano II (1088-1099), come ci racconta il cronista Bernoldo di Costanza. E poi affichè la sua richiesta non suonasse troppo egoistica, per non rischiare un rifiuto, lasciò intendere che i musulmani avevano anche un secondo obiettivo: Gerusalemme.
Alessio I Comneno

A tale proposito, lo storico bizantino Teodoro Scutariota riferisce che Alessio I considerava una grazia divina il fatto che gli occidentali non sopportassero l’idea del dominio dei persiani (intendendo i seleucidi) su Gerusalemme e sul Santo Sepolcro del Salvatore.
Infatti lo giudicava un vantaggio per sé. Quando la delegazione imperiale giunse in Italia, il papa era impegnato in un sinodo a Piacenza. Si dipinse una situazione a tinte drammatiche, una minaccia dall’Oriente sempre più vicina, dinanzi alla quale non si poteva abbandonare sofferenti i loro fratelli e le loro sorelle. Di qui ora si snoda un punto cruciale per comprendere con onestà intellettuale il vero significato storico delle crociate con metodo filologico: Gesù aveva predicato la non violenza e il pacifismo ma a partire dal IV secolo si credeva che alcune situazioni eccezionali giustificassero l’impiego delle armi; il principio della <<guerra giusta>> era stato introdotto dal grande dottore della Chiesa e massimo teologo dell’occidente Agostino. Un principio semplicissimo:“Chi viene attaccato ha il diritto di difendersi. Chi si vede portar via un bene ha diritto a riprenderselo, anche con le armi se necessario, eventualmente con una guerra”.
Ricordo che già il predecessore di Urbano II, Gregorio VII (1073-1085), pensava ad una guerra per liberare i Luoghi Santi, dopo che il suo legato a Costantinopoli gli aveva riferito della pressione dei Seleucidi e del pericolo per i pellegrini. E nel 1064 papa Alessandro II (1061-1073) aveva concesso la remissione dei peccati ai cavalieri che si schieravano al fianco dei loro fratelli cristiani  spagnoli durante la riconquista delle loro terre.
Urbano II

Quindi, presumo che la risposta degli inviati di Alessio I superò le più rosee aspettative.
Infatti: il papa e i vescovi avevano promesso solennemente di prestare aiuto all’imperatore contro i pagani. Da Piacenza Urbano II raggiunse Clermont-Ferrand, in Francia, dove nel novembre del 1095 radunò in concilio i vescovi dell’Europa Occidentale. Il 27 novembre 1095, per il suo discorso pubblico di fine riunione, in migliaia si riversarono a Clermont-Ferrand per assistere di persona a come il papa avrebbe esortato la cristianità alla più grande impresa comune della sua storia millenaria: la prima crociata. Queste le sue parole: <<E’ impellente che vi affrettiate a marciare in soccorso dei vostri fratelli in Oriente, che hanno bisogno del vostro aiuto e l’hanno spesso richiesto. I turchi si sono scagliati contro di loro e hanno invaso le frontiere dell’impero romano fino al luogo del Mar Mediterraneo detto Braccio di San Giorgio. Hanno occupato le terre cristiane, vinto sette volte in altrettante battaglie, uccidendo molti e rendendo schiavi altri, rovinando le chiese, devastando tutti i paesi cristiani. Se permetterete loro di continuare in quest’opera di devastamento arriveranno a sottomettere tutto il popolo dei credenti. Per questo Dio vi esorta, quali araldi di Cristo, quali uomini di ogni stato, non importa se cavalieri o soldati a piedi, se ricchi o poveri, di distruggere e scacciare questa razza senza valore dalle nostre terre e di aiutare per tempo i loro abitanti cristiani>>. A coloro che viaggiavano <<sia per terra che per a mare>> per combattere contro gli <<idolatri>>, il papa promise il perdono di tutti i peccati. Adesso ognuno doveva raccogliere denaro e partire all’arrivo della primavera. L’appello di Urbano II ottenne l’effetto desiderato. Il suo discorso venne interrotto di continuo dal grido entusiasta di: <<Deus lo vult>>, <<Dio lo vuole>>.
Un discorso che aveva fatto scoprire ad un’intera generazione la propria vocazione. Il papa aveva fatto confezionare delle croci di stoffa rossa da consegnare come distintivo a chi voleva intraprendere questa <<guerra giusta>>, ed in altra sede approfondiremo questo concetto. Andarono esaurite in pochi minuti e si dovette provvedere a prepararne di nuove, tanto fu l’entusiasmo per l’impresa. Mettiamo bene in evidenza che quanto stava per accadere non tratta vasi di imperialismo, colonialismo o di conversione forzata dei musulmani, ma solo unicamente della sopravvivenza dei cristiani in Oriente e della sicurezza dei pellegrini occidentali che visitavano Gerusalemme, dopo aver preso atto che i musulmani erano venuti meno alla parola data distruggendo in massa le chiese, in particolare quella del Santo Sepolcro, vessando i cristiani, e che un Paese cristiano fratello, quello che restava della Nuova Roma, aveva chiesto aiuto contro la minaccia seleucida, in cui un rifiuto sarebbe stato equiparabile a un’omissione di soccorso. In base a questi motivi uno storico obiettivo deve giudicare legittimo l’appello di Urbano II e la crociata, almeno all’inizio, una misura giustificata. Lo storico Egon Flaig scrisse a tale proposito: <<Urbano II vide giusto. Se Costantinopoli fosse caduta già nel 1100, l’enorme forza militare dell’esercito turco avrebbe colpito l’Europa centrale quattrocento anni prima. La cultura europea, con le sue molteplici sfaccettature, probabilmente non sarebbe nata: niente comuni né città libere, nessun dibattito tra città e impero, niente cattedrali, niente Rinascimento, niente progresso scientifico: perché nei territori dell’islam proprio in quell’epoca il libero pensiero (quello greco) scomparve. Quando Jacob Burchhardt dice che è stata una fortuna che l’Europa abbia fatto fronte comune contro l’islam significa proprio che noi dobbiamo alle crociate tanto quanto alla guerra di difesa dei greci contro i persiani>>. Gli eccessi a cui si sarebbe arrivati mentre la crociata era in corso, e che riempirono di ribrezzo anche il papa, sono un’altra faccenda.

E’ un osservazione tanto pertinente quanto illuminata questa. Molti non lo sanno o si convincono di non saperlo ma qui si è compiuta la volontà di Dio che come sempre si serve anche del male compiuto in piena libertà dagli uomini per perseguire e realizzare il Suo progetto di Bene e di Amore per l’umanità e per ogni singolo uomo. Purtroppo il pregiudizio annichilisce anche le verità storiche, strumentalizzando ad arte gli eventi che possono etichettare e bollare come “negativo” ed “esiziale” un fatto storico relativo alla Chiesa. A tale proposito si segnalano le menzogne e le falsità di Michael Baigent e di Robert Leigh che mentono quando scrivono che <<…a parte i benefici spirituali e morali (il crociato) poteva rivendicare beni, terre, donne e titoli nei territori che conquistava; accumulare tutto il bottino e le spoglie che desiderava; qualunque fosse il suo status sociale d’origine, per esempio quello di figlio cadetto senza diritto al titolo e alle terre, poteva diventare un potente signorotto, con una corte, un harem e sostanziose proprietà territoriali. Ecco la messe che era possibile raccogliere con la semplice partecipazione a una crociata…>>. In realtà non ci furono promesse riguardo a beni materiali di alcun tipo. Anzi, nel decreto del concilio di Clermont si diceva esplicitamente che solo a chi era partito alla volta di Gerusalemme per liberare la Chiesa di Dio spinto dalla devozione e non per ottenere onore e denaro, il viaggio avrebbe portato la remissione dei peccati. La partenza per la Terrasanta, lasciandosi alle spalle averi, proprietà e perfino la famiglia nell’incertezza, fu davvero interpretato come offerta di sé nel senso della sequela incondizionata di Cristo, proprio come l’aveva definita Pietro: <<Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito>> (Mt. 19, 27). I testamenti che molti crociati lasciarono prima di partire sono una testimonianza di questo atteggiamento di fede profonda. A ciò si aggiunse il desiderio sconvolgente di vedere Gerusalemme e i luoghi della morte e risurrezione di Cristo e potersi avvicinare un po’ di più al Paradiso.
I condottieri della prima crociata, Goffredo di Buglione, Roberto di Normandia, Boemondo di Taranto, Raimondo IV di Tolosa, Baldovino di Boulogne e Roberto di Fiandra, erano tutti, eccetto Baldovino, figli primogeniti ed eredi di importanti principati e contee; due di loro impegnarono e vendettero perfino i loro possedimenti per finanziare l’impresa. Quando, alla fine, Goffredo di Buglione avrebbe dovuto essere incoronato <<re di Gerusalemme>> rifiutò; non volle portare la corona di sovrano nella città in cui Gesù Cristo era stato cinto da quelle spine. Prese invece il titolo di <<advocatus sancti sepulcri>>, <<difensore del Santo Sepolcro>>, ciò indubbiamente era. Naturalmente ci fu anche chi partecipò alla crociata e si arricchì, sia con il saccheggio sia stabilendo principati. Ma non era stata questa l’intenzione di Urbano II; il suo piano era di riportare sotto la sovranità di Bisanzio i territori liberati, nella speranza che Costantinapoli, come contropartita, mettesse fine allo scisma e riconoscesse il papa.

La conquista di Gerusalemme

Ribadiamolo a coloro che credono di sapere: il papa non aveva affatto promesso la remissione dei peccati a tutti i crociati ma soltanto a quelli che morivano in viaggio o in battaglia, <<A coloro che, partiti per questa guerra santa, perderanno la vita sia durante il percorso di terra, sia attraversando il mare, sia combattendo gli idolatri, saranno rimessi per questo stesso fatto tutti i peccati>>; queste furono le parole di Urbano II citate da Fulcherio di Chartres, testimone oculare di quegli eventi. All’inizio di ogni indagine epistemologica dobbiamo partire dalla considerazione che il nostro giudizio contingente su un evento, su un fatto può essere stato condizionato, anche subliminalmente  per una serie di motivi che poi si possono anche indagare; per poter accertare la verità questo è fondamentale, ricerchiamo con metodo storico-scientifico e scopriremo quanti miti ci sono stati inculcati nella mente. I Padri della Chiesa della prima patristica dicevano: “Cercate leggendo, troverete meditando. Bussate con la preghiera e vi sarà aperto dalla contemplazione”. Oppure se abbiamo un idea, un pensiero o una presunta certezza su un argomento, cerchiamo anche sull’altra sponda, quella con punto di vista opposto al nostro, per poter poi fare le dovute verifiche; a tale proposito i giuristi della tradizione antica dicevano: “Audiatur et altera pars”.
Ritornando alle promesse di Urbano II, solo dieci anni dopo il monaco Roberto, che si basava unicamente su resoconti orali, sostenne che Urbano II avesse promesso molto di più: <la Scrittura
in essa scorrono latte e miele. Gerusalemme è l’ombelico del mondo, la sua terra è più fertile delle altre>>. Anche se è sicuro che queste parole non siano autentiche, esse ci rivelano tuttavia qualcosa dello stato d’animo che seguì a Clermont Ferrand. Predicatori inviati al seguito dei crociati e sedicenti tali attraversavano il Paese per mobilitare cavalieri e il popolo e per avere successo abbellivano a loro discrezione il discorso del papa. Ma credo che anche altro contribuì a fornire motivi per la creazione di miti anticlericali, vero?
Certo. Come non parlare della “crociata dei pezzenti”? Una delle figure più funeste dell’epoca fu Pietro di Amiens, detto anche l’<<Eremita>>. L’eremita vegetariano ma amante del vino, vestito di stracci e non proprio puro di cuore e costumi, sosteneva di aver avuto una visione nel corso di un suo pellegrinaggio a Gerusalemme: Cristo stesso l’aveva esortato a liberare i Luoghi Santi. Il fatto che se l’era fatta confermare dal patriarca stesso di Gerusalemme gli conferì una certa credibilità. In seguito sostenne anche di essere stato lui a ispirare al papa la crociata, cosa piuttosto improbabile. Sfruttò l’atmosfera dell’inverno 1095-1096, il fervore della partenza, per mettere in piedi la sua impresa: la crociata dei pezzenti. In virtù del suo grande talento retorico e demagogico riuscì a mobilitare in brevissimo tempo circa 20.000 uomini; tra di loro c’erano onesti e disonesti, adulteri, assassini, ladri, spergiuri, briganti, la cristianità tutta, perfino il sesso femminile come ci racconta il cronista Alberto di Aquisgrana. Questo mucchio di pezzenti aveva davero poco in comune con l’esercito dei cavalieri, che partì per iniziativa del papa e al comando del vescovo di Le Puy, Ademaro di Monteil.
Pietro l'Eremita predica la Crociata
Quindi mi sembra di aver capito che questa crociata era del tutto autonoma, un’iniziativa privata di questo Pietro l’Eremita.
Solo sua. Nell’aprile del 1096, proveniente dalla Francia, invase la Renania e già allora disponeva di così pochi mezzi che gli abitanti di Colonia, spinti dalla compassione, si dichiararono pronti a fornirgli le provviste alimentari. Ma all’eremita non bastava; per finanziare il lungo viaggio fino in Terrasanta aveva bisogno di denaro. Per ottenerlo torchiò le comunità ebraiche renane, che vivevano in pace dai tempi di Carlo Magno ed erano pervenute all’agiatezza. Per fare pressione su di esse mise in giro la voce che a Rouen la comunità ebraica era già stata massacrata per non aver voluto pagare; nel caso anche loro si fossero rifiutati di versare il denaro sarebbero andati incontro al medesimo destino. Gli ebrei pagarono. Ben presto Pietro ebbe degli imitatori che organizzarono altre <>. Gli ebrei si credevano al sicuro avendo già versato la loro tangente a Pietro di Amiens, ma nelle settimane seguenti divennero vittime di veri e propri pogrom. Il fanatismo suscitato dal pensiero delle crociate era oramai diventato una forza autonoma e neanche l’interveto delle autorità ecclesiali potevano più fermare i massacri e i saccheggi. L’idea della guerra in nome di Dio era stata distorta prima ancora che quella banda di poveracci deboli e male organizzati lasciasse il suolo patrio. La crociata dei pezzenti non avrebbe mai raggiunto la sua meta. Quando, nell’ottobre del 1096, quella banda di disperati giunse a Costantinopoli, l’imperatore Alessio Comneno li fece condurre immediatamente dall’altra parte del Bosforo, temendo assalti e razzie. Là si scontrarono coni Seleucidi e vennero sconfitti sanguinosamente. Al massacro scamparono solo 3.000 uomini che si unirono poi alla crociata ufficiale.
Si arrivò poi al massacro di Gerusalemme, vero?
Sì. Quando infine i cavalieri crociati, il 15 luglio 1099, presero Gerusalemme dopo un assedio durato cinque mesi, fecero anch’essi un bagno di sangue, come d'altronde accadeva nel Medioevo nelle varie conquiste di città. Una serie di storici ritiene che il linguaggio drastico utilizzato nei vari racconti sia stata una scelta consapevole per dare risalto al carattere apocalittico dell’avvenimento paragonato quasi alla fine del mondo; infatti un cronista riferì che <<…bisognava farsi strada tra cadaveri di uomini e animali; nel Tempio di Salomone e nel portico regio i soldati cavalcavano immersi nel sangue fino alle ginocchia e all’imbrigliatura…>>. Già dal punto di vista biologico è impossibile che il lago di sangue arrivasse alle ginocchia, così come descritto dal cronista. Anche il numero delle vittime fu esagerato, specialmente dagli arabi. Le loro fonti parlano di 70.000 (per esempio Ibn al-Jawzi) o addirittura 100.000 (Ibn Taghribirdi), mentre oggi si sa che all’epoca delle crociate Gerusalemme raggiungeva al massimo i 10.000 abitanti. Le fonti sostengono che tutti gli ebrei morirono nell’incendio di una sinagoga a cui era stato appiccato il fuoco, ma negli archivi della sinagoga del Cairo sono registrati i nomi di numerosi ebrei gerosolimitani emigrati in Egitto dopo la conquista cristiana di Gerusalemme. In realtà gli assedianti, prima dell’assalto, avevano permesso a migliaia di cristiani, ebrei e musulmani di lasciare la città; era rimasto solo chi voleva continuare volontariamente a difenderla.
Quanto durò il successo?
Fu di breve durata. La sovranità cristiana su Gerusalemme ebbe termine solo 88 anni dopo, in seguito alla sconfitta subita dall’esercito crociato ad opera del Saladino. Nel 1291 cadde San Giovanni d’Acri, l’ultimo bastione dei cavalieri cristiani in Outremer, come erano chiamati, dal francese Oltremare, i territori crociati in Siria e Palestina. Nessuna delle sette crociate organizzate per liberare i Luoghi Santi e garantirne la sicurezza ebbe più lo stesso successo della prima.
Per i musulmani Gerusalemme è la terza città santa dopo la Mecca e Medina perché Maometto una volta sognò di aver visitato il monte del Tempio su un cavallo celeste. Ancora oggi a prova del viaggio notturno del Profeta viene mostrata un’impronta di zoccolo nella roccia sotto la cupola d’oro della moschea della Roccia. I Musulmani non hanno mai perdonato ai cristiani che il loro <<nobile recinto sacro>> (al- Haram ash-Sharif) restasse per un secolo nelle mani degli <<infedeli>>. Eppure in quel periodo non furono sottomessi. Nei regni crociati poterono praticare liberamente e senza costrizioni la loro religione, possedere terre, costruire moschee e scuole e andare in pellegrinaggio alla Mecca. Dovevano solo, come i cristiani nelle loro terre, corrispondere un tributo. Così, il musulmano spagnolo Ibn Jubayr, che intorno al 1180 fece un viaggio alla Mecca, passando per l’Outremer, pensò perfino che i suoi fratelli di fede sotto il dominio dei cristiani vivessero meglio che nei Paesi islamici. Riferì infatti che le terre, i paesi e le corti erano rimasti in mano ai musulmani. Molti, paragonando il loro destino a quello dei fratelli nei territori musulmani, si domandavano perché questi soffrissero per l’ingiustizia dei loro fratelli di fede mentre i franchi (i crociati) trattavano loro come dei pari. Un atteggiamento che purtroppo fu ben presto dimenticato nei secoli seguenti.


Bibliografia.


HESEMANN, M., 2009: “Contro la Chiesa – Miti, leggende nere e bugie” – San Paolo Edizioni, Capitolo X.

domenica 19 ottobre 2014

Conferenza di De Mattei con Mons.Negri sulle Crociate




Evento di straordinario interesse nella sera del 6 Novembre alle 21 presso la Sala San Francesco, la conferenza sul tema delle Crociate vedrà insieme il professor Roberto De Mattei e il nostro Arcivescovo Mons. Luigi Negri.
L'idea è nata dagli Amici del Timone di Ferrara che hanno voluto così dare il loro contributo di solidarietà morale ai fratelli cristiani massacrati in Iraq, riportando alle nostre coscienze quello che la storia ci insegna sulle Crociate sia come esperienza che come fonte di ispirazione per la difesa della civiltà cristiana.
La conferenza si colloca idealmente come approdo finale della marcia per i nazareni del 26 ottobre: 2 eventi, la marcia e la Conferenza sulle Crociate, legati da un forte nesso simbolico.
Il tema della serata verrà introdotto da SE Mons Negri che già è intervenuto con una lettera di grande risonanza mediatica quest'estate, ricordando che la storia ha insegnato come le Crociate siano state una reazione in difesa della libertà del cristianesimo di cui hanno beneficiato anche e soprattutto i secoli successivi. In secondo luogo, il prof.Roberto De Mattei, partendo dalla storia, approfondirà anche l'attualizzazione del fenomeno Crociate nella sua dimensione soprattutto di riferimento per il cristiano odierno alle prese con una società atea che combatte ogni tipo di manifestazione pubblica della religione cristiana.
"Le Crociate. Esperienza di difesa della civiltà cristiana"  sarà un avvenimento che non mancherà di rinvigorire il nostro senso di appartenenza ai veri e autentici discepoli di Cristo, e data la grande autorevolezza e il carisma indiscutibile dei due oratori non possiamo che invitarvi tutti a non mancare nel modo più assoluto.
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