domenica 29 giugno 2014

Sentinelle in piedi a Ferrara, un grande successo

Sentinelle in piedi a Ferrara, disposte su 5 file, nel cosiddetto listone, in Piazza Trento Trieste.

Si è conclusa con successo pochi minuti dopo le 19 la manifestazione delle Sentinelle in piedi a Ferrara,  nella centralissima piazza Trento Trieste. Tutto si è svolto nel migliore dei modi, nonostante il vento di guerra avesse soffiato negli ultimi giorni qui a Ferrara dopo la presa di posizione del Comune, che ha diramato un comunicato molto aggressivo contro le Sentinelle e ha appeso il drappo rosa di fronte al Duomo.
Il Comune ha appeso il drappo rosa anti omofibia e ha attaccato con un comunicato stampa la manifestazione delle Sentinelle

Qualche contestazione c'è stata, ma si è limitata al confronto con il portavoce delle Sentinelle ferraresi, Carlo Martinucci ed all'esposizione di alcuni fogli contro l'omofobia. Insomma, si è evitato quanto successo a Siena o Lecce.


Sentinelle in piedi a Ferrara.


Più di 160 manifestanti a Ferrara per le Sentinelle in Piedi

martedì 24 giugno 2014

Sentinelle in Piedi sabato prossimo a Ferrara

Sabato prossimo le Sentinelle in Piedi organizzano una veglia a Ferrara, dalle 18 alle 19 in piazza Trento Trieste.

CHI SONO LE SENTINELLE IN PIEDI. Le Sentinelle in Piedi non sono costituite in associazione. Sono piuttosto una rete, apartitica e aconfessionale, di persone che hanno a cuore la libertà di espressione. Si definiscono testualmente “una resistenza di cittadini che vigila su quanto accade nella società e sulle azioni di chi legifera denunciando ogni occasione in cui si cerca di distruggere l’uomo e la civiltà”.

Esse, come detto, manifestano per la libertà di espressione, quella garantita dall’articolo 21 della Costituzione, ma anche per la famiglia naturale fondata sull’unione tra un uomo e una donna e per il diritto di ogni bambino ad avere una mamma (femmina) e un papà (maschio). Le Sentinelle in Piedi ribadiscono invece il loro no al matrimonio tra persone dello stesso sesso; all’ideologia del gender, che propone l’eliminazione dei sessi come dato naturale e scientifico a favore di una moltiplicazione di generi basata su elementi sociali e culturali, e all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali.

Una veglia delle Sentinelle in Piedi ha la durata di un’ora. I partecipanti, assistiti dai componenti del servizio d’ordine (riconoscibili dalle pettorine colorate) si dispongono in ordine nell’area assegnata, ad una distanza reciproca di circa due metri. Ogni vegliante legge in silenzio un libro che avrà portato con sé. È possibile portare qualunque titolo purché sia significativo e soprattutto non offensivo. Ulteriori e più precise informazioni vengono comunque fornite a tutti i presenti all’inizio della veglia.

Chiunque ha a cuore la libertà di espressione e il diritto di ogni bambino ad avere un papà e una mamma è invitato a unirsi.

Per saperne di più: http://SentinelleInPiedi.it


domenica 8 giugno 2014

Anche gli Amici Del Timone si associano alle domande al Card. Aviz


In data 7 giugno alcune testate online hanno posto pubblicamente 10 domande a sua Eminenza Reverendissima Card. Aviz, responsabile del dicastero vaticano che governa gli istituti religiosi, riguardanti il commissariamento dei Frati Francescani dell'Immacolata.
Noi Amici Del Timone di Ferrara ci associamo in particolare a due domande, per le quali possiamo dire di sentire particolare urgenza.Anzitutto la prima:
Padre Stefano Manelli, cofondatore dei Frati Francescani dell'Immacolata


1)  Perché sono stati commissariati i Frati Francescani dell’Immacolata? Dal Decreto di Commissariamento da Lei emanato non è dato evincere alcuna motivazione. Perché?

Questa la domanda posta dalle associazioni. Noi aggiungiamo che non abbiamo trovato risposte non solo nel Decreto di Commissariamento ma nemmeno in alcun altro organo di informazione né  da altra fonte alcuna.
Quindi facciamo nostra la domanda numero 3, riguardanti le disposizioni emanate l'8 Dicembre scorso:


"Gesù Eucaristico Amore" Uno dei tanti libri di spiritualità Francescana scritti da Padre Stefano Manelli

3)      È al corrente delle disposizioni emanate dal Commissario apostolico, da Lei designato per guidare i Francescani dell’Immacolata, con cui si impone ai Frati, tra l’altro, la chiusura dei seminari, la sospensione delle ordinazioni, e la proibizione di collaborare a pubblicazioni teologiche e di apostolato? Se ne è informato, perché ha avallato tali misure, evidentemente distruttive di fondamentali attività proprie del carisma di tale Istituto, regolarmente approvato dalla Santa Sede?


Questa domanda ci sta a cuore in quanto molti ferraresi e molte ferraresi si erano avvicinati al mondo dei FFI proprio grazie alle ricchissime pubblicazioni spirituali di Casa Mariana. Ora queste pubblicazioni non ci sono più, devono essere ordinate online, e sicuramente abbiamo perso tanto. Inoltre, i fogli della messa: quelli di Casa Mariana erano una vera luce nel deserto, una guida con commenti che uscivano dai luoghi comuni che purtroppo si è costretti a leggere altrove. Solo una risposta esauriente potrà esimerci da una delusione già grande.


Un altro famosissimo testo di Padre Manelli: "San Pio da Pietralcina". 

In seguito, le associazioni - testate online hanno espresso al Cardinale Aviz altre domande, che riportiamo qui di seguito solo per completezza, pur non avendo noi la competenza e le informazioni per porle. Ad ogni modo, una risposta sicuramente gioverebbe.

2)      Perché Lei non ha tenuto alcun conto della Nota (del 29 maggio 2013) inviatale dal Consiglio generale, unitamente col Procuratore generale, dei Frati Francescani dell’Immacolata con la quale Le si facevano presente – per quanto riguarda la Visita apostolica allora in corso – alcuni fatti gravissimi, e che non hanno alcun precedente in tutta la storia della Chiesa, tra i quali (come vi si legge): “la decisione [del Visitatore] di procedere SOLO attraverso un questionario scritto, evitando del tutto la visita alle comunità e persino dei seminari […]; il contenuto del questionario che, al di là dell’intenzione di suggerire una “tendenziosa” versione della situazione dell’Istituto, era pieno di domande non facilmente comprensibili alla maggioranza dei nostri fratelli […]; I risultati del questionario, da soli, senza verificare che ciò che vi è scritto corrisponde davvero alle convinzioni di ogni frate, sono inaffidabili per le suddette ragioni”?
4)      Perché ha disposto la Visita apostolica nei confronti delle Suore Francescane dell’Immacolata, cioè del ramo femminile dell’Istituto religioso da Lei già commissariato?

5)      Perché ha inviato come Visitatrice apostolica una religiosa così distante per attitudini e per formazione – ma soprattutto per il modo di pensare e di agire – dalle Suore Francescane dell’Immacolata?
6)      Perché non ha dimostrato altrettanta attenzione e severità nei confronti di quegli Istituti religiosi, nei quali un gran numero di membri si è palesemente allontanato dal carisma dei Fondatori e dall’osservanza delle rispettive Regole e Costituzioni?
7)      Che cosa pensa della Teologia della liberazione? Ritiene compatibile con la fede cattolica l’adesione alle tesi della Teologia della liberazione, particolarmente dopo l’esplicita condanna con la Istruzione della Congregazione della Dottrina della Fede, confermata da Giovanni Paolo II (6 agosto 1984), con la quale, tra l’altro, se ne dichiarano “le gravi deviazioni ideologiche” ?
8)      Che cosa pensa della prospettiva sincretista di unificare tutte le religioni in una nuova religione planetaria? È vero che Lei ha partecipato, tenendo la relazione introduttiva, al Primo Forum Spirituale Mondiale, insieme ai rappresentanti di società spiritiste, teosofiche e massoniche?
9)      Non ritiene che ogni progetto di religione planetaria contraddica palesemente il principio che “deve essere [...] fermamente creduto come verità di fede cattolica che la volontà salvifica universale di Dio Uno e Trino è offerta e compiuta una volta per sempre nel mistero dell’incarnazione, morte e resurrezione del Figlio di Dio” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Iesus, 14)?
10)  Che cosa pensa della Massoneria? Ritiene compatibile con la fede cristiana l’adesione di un cattolico ed, a maggior ragione di un ecclesiastico, alla Massoneria?

Le associazioni-testate online che si sono unite nelle richieste sono:

Corrispondenza Romana , Riscossa cristiana,Chiesa e postconcilio,Il Cammino dei Tre Sentieri,Vigiliae Alexandrinae,Giudizio cattolico,Conciliovaticanosecondo.it

martedì 3 giugno 2014

Dall'indissolubilità del matrimonio al divorzio breve: un processo irreversibile?

   
"Kramer Contro Kramer"-la famiglia prima del divorzio
Il matrimonio, scaturigine della famiglia, non è stato per Giorgio La Pira soltanto un argomento di indagine, al quale dedicare una parte cospicua del suo pensiero.  Al contrario, il matrimonio ha rivestito per l’insigne studioso un interesse continuo, al quale ha reputato necessario consacrare tutto il suo impegno di cristiano e di politico.


Giorgio La Pira



Lo testimoniano i numerosissimi interventi in argomento, a cominciare da quando, ancora studente, scrive a Salvatore Pugliatti informandolo delle “pregevoli conseguenze” che la sua tesi di laurea sul “carattere costituzionale della Familia in diritto romano” avrebbe potuto avere per la concezione stessa dello Stato.
Nel 1938, in occasione del V Congresso nazionale di Studi Romani, inserisce la famiglia, originata dal matrimonio, tra i tre “fondamenti naturali della convivenza umana”, tra le tre “linee essenziali del sistema”.
Nel ‘Codice di Camaldoli’, alla cui stesura collabora nel 1945 insieme ad altri studiosi, si rinvengono i primi accenni al matrimonio quale “unione una ed indissolubile”: “il divorzio” — si legge — “come scioglimento del matrimonio per umana volontà od autorità è inammissibile in qualsiasi ordinamento giuridico come contrario alla legge naturale e divina e ai fini stessi del matrimonio”.
Sempre nel 1945, nell’articolo ‘Individuo e società’, scrive di una inclinazione naturale dell’uomo al legame nuziale e alla conseguente formazione della famiglia.
Del 1946 sono da ricordare gli interventi in tema di matrimonio alla I Sottocommissione dell’Assemblea Costituente, interventi il cui contenuto La Pira ripropone nel 1954 nel saggio ‘Per una architettura cristiana dello Stato’.
Infine, nel 1973, ad un anno di distanza dal referendum sul divorzio, La Pira, rispondendo ad alcuni giovani di ‘Prospettive’, definisce “la famiglia ed il matrimonio che la fonda” come un argomento “che investe non un problema marginale «socio–politico» della politica italiana, ma la «corrente di fondo» (…) della storia intiera della Chiesa e dei popoli!”.  


L'Italia è un paese moderno? Chiedetelo a loro...



2. Su due dei numerosi contributi, ora sommariamente elencati, ci sembra opportuno fermare la nostra attenzione: due interventi, intrinsecamente legati l’uno all’altro, nei quali La Pira manifesta la sua concezione del matrimonio e, in particolare, di quello che definisce il “naturale” connotato dell’unione nuziale, ovvero l’indissolubilità del legame.  Si tratta dell’intervento all’Assemblea Costituente e di quello a favore del referendum abrogativo della legge sul divorzio.
Di questi, prima di addentrarci nell’analisi contenutistica, ripercorreremo in breve la vicenda.  Iniziamo dalla fattiva presenza di La Pira alla I Sottocommissione dell’Assemblea Costituente.  Nella seduta del 7 novembre 1946, l’onorevole democristiano si fa promotore della seguente formula: “La legge regola la condizione giuridica dei coniugi allo scopo di garantire l’indissolubilità del matrimonio e l’unità della famiglia”.
Sul punto, è bene sapere che tra le ragioni che muovono La Pira a sostenere la menzione dell’indissolubilità, vi è la convinzione che questo preciso riferimento si imponga per porre limiti alla volontà del legislatore.
La formula lapiriana incontra la ferma opposizione di alcuni onorevoli, opposizione che determina la sospensione della seduta da parte del Presidente allo scopo di dare modo ai Commissari di trovare un compromesso. L’intesa sperata, tuttavia, non viene raggiunta e la discussione rinviata. 
Nella seduta del 13 novembre, preso atto che il tentativo di arrivare ad una conciliazione è fallito, si riapre la discussione, al cui termine viene messo ai voti un ordine del giorno proposto dall’on. Togliatti, ordine volto a precisare l’inopportunità di trattare la questione dell’indissolubilità nel testo costituzionale.  La proposta non passa.
Respinta la proposta di Togliatti, è messa ai voti ed approvata, con nove voti favorevoli, due contrari e tre astenuti, la formula avanzata da La Pira.
Nella seduta dell’Assemblea del 23 aprile ’47, benché il testo sia stato modificato dal Comitato di redazione in seguito alla presentazione di alcuni emendamenti, il riferimento ‘lapiriano’ all’indissolubilità è rimasto.  Il nuovo articolo, infatti, recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio indissolubile”.
Segue un acceso dibattito il quale ha fine con la messa ai voti di una proposta volta a sopprimere, nel testo appena visto, dopo il sostantivo ‘matrimonio’ l’aggettivo ‘indissolubile’.  L’emendamento, in una votazione avvenuta a scrutinio segreto, è approvato con 194 voti favorevoli e 191 contrari. 
Dunque, l’accenno all’indissolubilità, voluto e difeso da La Pira, per pochissimi voti non riesce a trovare cittadinanza all’interno della Carta costituzionale.
Il convincimento lapiriano, vivacemente contestato in sede di lavori preparatori — secondo cui al legislatore dovesse essere data una indicazione precisa al fine di limitare la sua volontà in questo campo, al fine cioè di impedirgli di introdurre il divorzio —, acquista, a distanza di alcuni decenni, un indiscusso valore profetico: il 1° dicembre 1970, infatti, il Parlamento approva la legge sul divorzio. 
Negli anni immediatamente successivi, La Pira partecipa attivamente alla campagna referendaria per l’abrogazione della legge.  Tuttavia, anche in questo caso, il tentativo a sostegno dell’indissolubilità del vincolo non trova esito positivo: la consultazione popolare del maggio ’74 si conclude, come è noto, con un mantenimento della legge divorzista. 



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3. Detto dei due fondamentali interventi di La Pira a sostegno dell’indissolubilità del matrimonio, veniamo ad approfondirne in breve il contenuto, partendo dalla distinzione, dallo stesso studioso enunciata, tra motivi di carattere religioso e motivi di carattere ‘laico’.
Nel corso dei lavori della I Sottocommissione, infatti, la proposta lapiriana, favorevole, come abbiamo detto, ad introdurre in Costituzione il riferimento all’indissolubilità, è accusata di essere espressione di principi religiosi, cioè di principi che affondano le proprie radici esclusivamente nella dottrina cattolica.
Si tratta di un rilievo ben presente a La Pira il quale è consapevole della necessità che il principio religioso, da lui interiormente condiviso, trovi, per poter ‘passare’ nell’ambito giuridico, l’alleanza di altre ragioni. 
In questa prospettiva, La Pira è lucido nel separare il principio teologico del “quos Deus conjunxit, homo non separet”, richiamato nella veste di credente, dai risultati, che egli adduce nella veste di politico, di studi biologici, fisiologici, sociologici, legislativi e storici i quali deporrebbero a favore dell’indissolubilità del matrimonio quale elemento strutturale della famiglia.
I due aspetti appena visti — religiosità da un lato, laicità dall’altro — si ramificano poi in una quadripartizione.  Per quanto riguarda l’indissolubilità del matrimonio per motivi confessionali, La Pira separa le ragioni “teleologiche” da quelle “bibliche”, mentre per quanto concerne l’indissolubilità per motivi ‘laici’, La Pira distingue tra ragioni “ontologiche” e ragioni “giuridiche”.
Lasciamo da parte i principi di ordine religioso e soffermiamoci su queste ultime ragioni.  La Pira individua anzitutto la radice dell’indissolubilità nel fatto che il matrimonio “non è un contratto consensuale che, come i contratti consensuali, crea tra i due contraenti soltanto un vincolo giuridico (obbligatorio) di diritto privato: un contratto consensuale, cioè, che nasce col consenso e che si può, perciò sciogliere col dissenso o unilateralmente”. 
Al contrario, il matrimonio è un “atto bilaterale (marito e moglie), consensuale (…), il quale crea… un organismo; un essere nuovo; una unità (ontologica) sociale nuova”.  E successivamente ribadisce: “questo atto bilaterale crea, perciò, non un contratto, ma… un essere nuovo (sociale); un corpus, una unità ontologica nella quale i due fondatori reciprocamente, ontologicamente, si integrano (duo… unum) dando così fondamento, con la filiazione, agli ulteriori rapporti reali, alle ulteriori integrazioni ontologiche, familiari e sociali”.
La risposta ontologica al perché dell’indissolubilità implica poi una ragione giuridica, ovvero la concezione “solidaristica, istituzionalistica del diritto”, secondo la quale vi sono, in posizione intermedia tra la persona e lo Stato, delle formazioni sociali originarie — tra cui anzitutto la famiglia scaturita dal matrimonio —, il cui fine ultimo è quello di “servire l’uomo”.
Si tratta, come è noto, di quella visione giuridico–pluralista che trova il proprio punto di riferimento nel pensiero cristiano–sociale, sviluppato in particolare nel cosiddetto Codice di Malines del 1927, negli Enunciati della Settimana di Camaldoli del 1943 e nel successivo Codice di Camaldoli del 1944.  Secondo questa visione, il pieno riconoscimento dei diritti dell’individuo non può realizzarsi se non attraverso il contestuale riconoscimento della dimensione comunitaria in cui egli vive, dei diritti delle comunità naturali attraverso le quali si svolge la sua personalità. 
Per questa ragione, per il fatto di essere “base e sorgente” della famiglia, cioè atto costitutivo di una istituzione naturale anteriore ad ogni altra, il matrimonio non rimane confinato nello “spazio del diritto privato”, ma da questo esce per collocarsi “nello spazio del diritto pubblico”.  Le parti, nel momento in cui decidono di unirsi in matrimonio, accettano di dare origine ad una nuova istituzione, rinunciando alla libertà che avevano come individui: “l’esistenza e il destino di questa fondazione, non è più nella disponibilità dei suoi fondatori: essi non sono più liberi rispetto ad essa”. 
Concedere, pertanto, ai coniugi la possibilità di sciogliere l’unione creata, equivarrebbe, secondo La Pira, a tradire la concezione istituzionalistica a favore di quella individualistica, a degradare il matrimonio da formazione sociale a contratto, da consortium a negotiatio, cioè, in ultima analisi, a strumento dell’interesse individualistico, dell’arbitrio della volontà.

Vittoria? Chiedetelo a loro..


4. Concludiamo con un accenno all’attualità del pensiero lapiriano.  Abbiamo visto che l’esperienza alla Costituente e quella referendaria sono state segnate dalla sconfitta; una sconfitta che è segno, come da molti riconosciuto, di un processo sempre più marcato verso l’individualità.
È questa la ragione per la quale il pensiero sostenuto da La Pira ci sembra in questo momento tanto attuale.  Se cioè la direzione intrapresa è quella che porta a concepire il matrimonio “in virtù dei vantaggi che ciascuna delle parti può trarre dal rapporto continuativo con l’altro”, privandolo così della sua tradizionale funzione socializzante, allora appare urgente la necessità di valorizzare la volontà di coloro i quali non condividono una simile visione. 
Forse, La Pira sarebbe oggi ancora impegnato in prima persona in quel movimento culturale che chiede al legislatore il diritto di poter scegliere tra un matrimonio indissolubile e un matrimonio dissolubile (cfr. A. de Fuenmayor, Tutela de la indisolubilidad matrimonial en un Estado pluralista, trad. it. Ripensare il divorzio, Milano 2001; C. Cavalleri, Ripensare il divorzio, in Studi Cattolici 492 (2002), 97; G. Andreotti, A. Bettetini, F. D’Agostino, F. D’Onofrio, C. Rimini, P. Vassallo, H. Corral, F. Moreno, Ripensare il divorzio, in Studi Cattolici 493 (2002), 186 ss.; G. Dalla Torre, F. Finocchiaro, P. Moneta, S. Salvato, Ripensare il divorzio/2, in Studi Cattolici 494 (2002), 260 ss.; A. de Fuenmayor, Ripensare il divorzio/3, in Studi Cattolici 496 (2002), 436 ss.; A. de Fuenmayor, Ripensare il divorzio/4, in Studi Cattolici 497/98 (2002), 508 ss.; C. Risé, Come uscire dalla coazione al divorzio?, in Studi Cattolici 503 (2003), 32 s.; L. Monterone, Un impegno & una sfida (intervista con Arturo Cattaneo), in Studi Cattolici 503 (2003), 34 s.).