venerdì 9 agosto 2013

Il dovere di demolire la legge sull'omofobia



Riflessioni intorno all’omosessualità e all’omofobia.
Papa Francesco con continuità amorevole e perseveranza paterna chiede «il coraggio di andare controcorrente» e di riproporre con umiltà ma con l’autorevolezza di chi ha fede in Cristo quelle verità che il mondo non vuole sentire. Il Santo Padre, parlando anche di temi politici, denuncia la separazione della politica dalla morale, rivendicando la libertà della Chiesa di annunciare la sua dottrina morale e sociale. La Chiesa ha il diritto legittimo di operare in carità nello “spazio pubblico” che non è quello “politico”. 

In questa cornice ogni cattolico ha il dovere di inquadrare ogni dibattito politico con forte ricaduta sociale, ogni cattolico di retta ragione e coscienza formata non può in alcun modo prescindere dai principi non negoziabili che nostra Madre Chiesa valorizza alla luce di Dio nel suo magistero pontificio. E allora come disporci dinanzi alle derive moderniste di molti Stati Laici? In particolare come leggere l’azione parlamentare che in questi giorni vuole portare alla luce una legge contro l’omofobia?Uomini di ragione hanno già scritto tutto per demolire l’impianto ideologico di tale legge e sui rischi che produrrebbe sulla libertà di espressione e di religione. Si assisterebbe senza nessuna sfumatura all’introduzione del reato di opinione che, come bene ha imparato il nostro paese nel secolo scorso, non è certamente la bandiera degli stati democratici. Il nostro vescovo monsignor Luigi Negri senza mezzi termini ha parlato di “tendenza totalitaria” che per gli effetti imprevedibili nella dimensione sociale può rivelarsi un boomerang anche per quelle categorie che ora stanno promuovendo questo “nuovo Stato Etico”.
E’ evidente che nessuno, come ha ribadito anche Papa Francesco, può giudicare il cuore del fratello che avverte un’attrazione verso persone del medesimo sesso. La Santa Madre Chiesa, e con lei tutto il fronte cattolico fedele al magistero pontificio, è disposta amorevolmente verso tutti gli omosessuali. Ma cosa radicalmente diversa è la volontà di voler costruire ed erigere un diritto a favore di un comportamento in netta antitesi al diritto naturale. In quest’ottica si prescinde dalle valutazioni di fede che comunque per ogni credente impreziosiscono l’atto di gratuito accoglimento dell’ordine naturale che Dio Padre per Amore ha voluto. Quanto accade disegna una strategia di attacco al creato e alla creatura fatta a Sua immagine e somiglianza: l’uomo.

Oggi il termine "Laicità" è diventato lo scudo di una certa "cultura" che vorrebbe mettere la religione e le sue tradizioni da una parte e il vivere democratico e civile dall'altra. Ma è questa la laicità? Si rivendica una libertà di coscienza del cittadino, che deve sentirsi a suo agio in uno stato che non impone alcuna visione religiosa, non avalla alcuna regola morale, prende le distanze da tradizioni e costumi religiosi, quasi che la cultura di un popolo non ne fosse profondamente e immancabilmente intrisa. Un padre della moderna sociologia, Emile Durkheim, scriveva: "Non esiste una società conosciuta, senza religione. La religione ha dato tutto ciò che è essenziale allo sviluppo della società". Un vero laico non è, quindi, un oppositore della religione, né si sente minacciato dalla naturale ed inevitabile religiosità del suo popolo. La vera laicità non è opposta alla cultura religiosa. Uno stato laico deve tenere conto della sua tradizione religiosa. Non potrebbe fare altrimenti. Della cultura religiosa è pieno il suo tessuto sociale e storico. Chiariamo un malinteso. Stato laico non vuol dire stato ateo e nemmeno stato antireligioso. Distingue semplicemente potere politico da autorità religiosa. Ma è profondamente radicato nella cultura religiosa che sostiene il suo tessuto sociale. Le sue tradizioni e la sua storia insomma. Nessuno stato al mondo è laicista. Alcuni governi sì, ma nessun popolo. Ancora il Santo Padre afferma con forza che dalla tradizione nazionale deriva una responsabilità sociale, che «richiede un certo tipo di paradigma culturale e, conseguentemente, di politica», che siano «ferme sui valori etici» e attente alle esigenze drammatiche dei più poveri. Una vera classe politica si fa guidare dalla «responsabilità e dall’interesse per il bene comune». Senza mai dimenticare che in politica «chi agisce responsabilmente colloca la propria azione davanti ai diritti degli altri e davanti al giudizio di Dio. Questo senso etico appare oggi come una sfida storica senza precedenti».

Ma andiamo al nocciolo della questione. L’accusa di omofobia è un giochino astuto: zittisci subito l’interlocutore, facendolo passare per intollerante, e qualsivoglia argomento passa in secondo piano. Una strategia dialettica assai efficace. Si riprende in parte l’atteggiamento ipocrita del simbolo della crociata laica: Voltaire. E’ celebre l’aforisma voltairiano, poi diventato il luogo comune del pigro conformista ma in fondo in fondo intollerante: «Non sono d’accordo con quello che dici ma sono pronto a dare la vita perché tu possa dirlo». Certa storiografia selettiva dimentica però, pur di incensarlo per gli ideali di tolleranza e civiltà, che tale frase non è stata concepita da Voltaire ma dalla scrittrice inglese Hall in una biografia del filosofo-letterato francese; con maggiore dolo non si evidenzia che neanche era il pensiero di Voltaire: «Écrasez l’infâme!», ovvero «Schiacciate l’infame» recitava l’illuminato, un “gentilismo” che riservava a chi aveva convinzione opposte alle sue, con un riferimento diretto al cristianesimo.

Alcune semplici considerazioni per evidenziare il carattere esclusivamente ideologico della pretestuosa legge anti discriminazione degli omosessuali.
E’ davvero un’emergenza sociale quella delle discriminazioni contro gli omosessuali? I dati dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori non mettono in evidenza una situazione tale da giustificare un’allarmismo omofobo. Inoltre non si capirebbe perché si dovrebbe privilegiare questa categoria rispetto ad altre ugualmente discriminate. Non dimentichiamo, inoltre che si minerebbe il principio costituzionale di uguaglianza sancito dall’art. 3: se come prescrive la norma “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, la ragione per cui le persone omosessuali debbano beneficiare di un diverso trattamento più “favorevole” è di mero carattere ideologico. Probabilmente introducendo un’aggravante generale per tutti i reati legati all’odio e alla discriminazione si avrebbe la certezza di includere tutte le categorie oggetto di discriminazione. E’ evidente che la partita si gioca sul sofisma della discriminazione.
Non occorre sfoderare tutta la letteratura medico-scientifica per scardinare l’impianto epistemologico dell’”ideologia del gender”. Il buon senso basta per comprendere che l’identità sessuale non può essere svincolata dal sesso biologico, rendendola una realtà soggettiva, di scelta. Eppure una rivoluzione antropologica si sta attuando: un neoumanesimo completamente autonomo dalla dimensione del trascendente. La negazione delle polarità sessuali purtroppo genera crisi identitarie gravi: la realtà è confusa con l’immaginazione e niente verrà più concepito come stabile. L’incertezza cronica è poi la madre di comportamenti violenti. Purtroppo abbiamo costruito una società che cresce figli smidollati, dei molluschi, che se inclini ad una personalità orgogliosa diventano probabili omicidi, se inclini all’umile introversione probabili depressi. Incapaci di ogni presa di responsabilità dinanzi alle scelte importanti e decisive nella vita di ogni uomo. In questa dimensione del provvisorio e del relativo tuonano le parole di Papa Francesco:  «Siate rivoluzionari, fate scelte definitive».
Infine non si può stigmatizzare l’iter legislativo con il quale si vuole giungere alla promulgazione della legge, “cavallo di Troia” per poi, in seconda battuta, rimuovere ogni impedimento al matrimonio omosessuale. Una dinamica perversa che ha come fine ultimo quello di scardinare il matrimonio naturale tra un uomo ed una donna. Senza alcuna remora si è attivata una procedura d’urgenza che vìola i basamenti della nostra costituzione: attualmente il diritto italiano prevede la diversità dei sessi dei coniugi come presupposto indispensabile per l’istituto del matrimonio civile e solo tale forma di unione deve essere tutelata ed avere rilevanza giuridica. Sono gli elementi essenziali del cosiddetto “ordine pubblico” dello stato che implica l’illegittimità dei matrimoni contratti da soggetti non distinti sessualmente. Non dimentichiamo che l’articolo 29 della nostra Costituzione tutela la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e per società naturale si intende senza alcun dubbio quella derivante dal matrimonio tra un uomo e una donna. La famiglia contemplata dalla norma ha dei diritti originari e preesistenti allo stato che il legislatore può solo riconoscere. Il precetto costituzionale non è superabile per via ermeneutica con una semplice lettura culturale o ideologica del sistema. I nostri padri costituenti, in linea con il patrimonio giuridico bimillenario ereditato dallo jus civile, hanno voluto dare solo al matrimonio naturale la valenza di istituto giuridico perché la famiglia da esso derivante è la cellula fondamentale che garantisce mediante un patto davanti a tutta la società due cose: la stabilità e la procreazione, perché da sempre la procreazione è un fatto sociale. L’unione di un uomo e una donna è un bene per la società. E tale opportunità sociale del matrimonio è riconosciuta anche da grande parte degli omosessuali che però vengono resi invisibili all’opinione pubblica perché non conformati al pensiero dominante omosessualista. Senza considerare che per quella fetta minoritaria che promuove i matrimoni omosessuali, laddove tale istituto è concesso, una percentuale ancora minore decide effettivamente di sposarsi.
In questa prospettiva giuridica, per replicare a chi sostiene che l’”amore” basta a giustificare il riconoscimento dell’istituto giuridico, si comprende come tale sentimento, per quanto nobile, non ha nulla a che fare con il codice civile; questa ermeneutica estensiva non solo è superficialmente pretestuosa ma anche pericolosa perché può essere utilizzata contro tutte le norme che regolano il matrimonio e per tutte le categorie di “innamorati”:se un uomo ama due o più donne si sosterrà che il divieto di poligamia è discriminatorio, se un fratello ama la sorella medesima cosa si può affermare per chi osteggia l’incesto. Ribadiamo il concetto: la nostra Costituzione all’art. 29 sancisce che la Repubblica «riconosce», e non “definisce”, i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Opinare il contrario significherebbe consentire ad un’assemblea legislativa la possibilità di stabilire attraverso disposizioni normative la natura stessa dell’istituto matrimoniale. Con il “molto opinabile” criterio dell’orientamento sessuale e dell’affetto nulla vieterebbe di ritenere legittimo non solo il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma anche quello tra una donna e due uomini, tra due uomini e due donne, tra due uomini e quattro donne, o perché escludere il matrimonio tra una donna e il proprio cane, visto che la zoofilia rappresenta, in effetti, un riconosciuto orientamento sessuale. Si comprende che si aprirebbero scenari inquietanti, qualora dovesse cadere anche il tabù della pedofilia (il 2 aprile 2013 in Olanda la Corte d’appello di Arnhem-Loivarnten ha stabilito che non può essere sciolto il gruppo Stitching Martijn che propone la liberalizzazione dei contatti sessuali tra adulti e minori) e dell’incesto (al Senato della Repubblica italiana il 14 ottobre 2008 è stato depositato il disegno di legge S. 1155 avente per oggetto l’abrogazione del reato di incesto e dei reati contro la morale familiare, a firma dei senatori radicali Donatella Poretti e Massimo Perduca). A proposito di orientamenti sessuali, occorre aggiungere in questa panoramica anche l’oggettofilia: è noto il caso di Eija-Riitta Berliner-Mauer la donna svedese di Liden, fisicamente e sessualmente attratta dagli oggetti, che si innamorò del Muro di Berlino, pretendendo di sposarlo. All’epoca non fu presa molto sul serio, ma se passasse il principio, oggi recepito anche dalla Corte Suprema americana, che il matrimonio può essere definito per legge, il futuro potrebbe davvero riservare delle sorprese inimmaginabili.
La nuova evangelizzazione promossa dal vicario di Cristo passa anche su questi temi: «Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»  (Luca - 18, 8).

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